Olive #20
A Verona Cyril Ngonge cerca di prendere la scia di Remco Evenepoel
L'attaccante dell'Hellas era con Alexis Saelemaekers, Albert Sambi Lokonga e il campione del mondo di ciclismo su strada uno dei migliori prospetti del settore dell'Anderlecht. I suoi colleghi sono già diventati grandi, lui cerca in Veneto la sua dimensione
Steve Rowley, uno dei più stimati e competenti osservatori della storia dell'Arsenal e del calcio inglese, sosteneva che le reali capacità di un calciatore e le possibilità che possa diventare davvero un gran giocatore si inizino a intuire verso i quattordici anni e che prima di questa età sia del tutto inutile illudersi. Steve Rowley era convinto di questo perché ne aveva discusso più e più volte con Ed Follon, che oltre suo amico di infanzia era anche uno stimato neuropsicologo, uno che aveva studiato a lungo il rapporto tra bambini e il gioco e quando il gioco diventava meno gioco e iniziava a essere vissuto come qualcosa di più complesso.
Sino al 2013, nelle giovanili del Royal Sporting Club Anderlecht, per brevità chiamato Anderlecht e basta, erano convinti che quattro ragazzini potessero diventare dei grandissimi calciatori. Due erano nati nel 1999 e due nel 2000. Erano insomma al limite dell'età che per Steve Rowley rappresentava il limite per capirci qualcosa su di un giocatore. I primi due erano Alexis Saelemaekers e Albert Sambi Lokonga. Il primo ora gioca al Milan, il secondo all'Arsenal. Fu proprio Steve Rowley, nel 2016, a segnalarlo per la prima volta al club, poi non se ne fece niente. Quando arrivò a Londra, Steve Rowley non era più capo osservatore. Lo vide giocare con i Gunners pochi mesi, morì il 17 aprile 2022.
Gli altri due erano Remco Evenepoel e Cyril Ngonge. Il primo è il campione del mondo di ciclismo su strada, uno tra i più forti corridori in circolazione e che, con ogni probabilità si giocherà con lo sloveno Tadej Pogacar, il danese Jonas Vingegaard e il colombiano Egan Bernal (se si riprende completamente dal terribile incidente di un anno fa) le più importanti corse del ciclismo. Il secondo cambiò aria l'anno dopo perché s'era stufato di sentirsi dire che “sei pieno di energia e talento, ma devi capire che puoi fare meglio, devi essere più concentrato”, che è la versione calcistica del tradizionale “è intelligente, ma non si impegna”. Se l'era sentito dire spesso. Quando aggiunsero che “non giocherai tutte le partite l'anno prossimo”, decise di cambiare aria perché a stare in panchina, pensava Cyril Ngonge, non si migliora. Passò al Club Bruges perché “avevo bisogno di una nuova sfida: non mi sentivo più il benvenuto all'Anderlecht. È stata una delle scelte più difficili che ho dovuto fare: ho lasciato la mia famiglia e i miei amici, ho dovuto abituarmi a un ambiente scolastico diverso. La lingua era l'ostacolo principale”. All'Anderlecht parlavano in vallone, a Bruges in fiammingo. E il fiammingo, come sosteneva Eddy Merckx, non è solo una lingua, è soprattutto un esercizio di gola.
Il suo compagno all'Anderlecht di allora, Remco Evenepoel, sarebbe probabilmente soddisfatto di vincere almeno metà di quanto vinse Eddy Merckx in bicicletta. Cyril Ngonge a diventare il più forte non ci pensa nemmeno, sa che non è possibile. Diventare però un giocatore importante, uno da giro della Nazionale ancora ambisce a esserlo. Per farlo, dopo due anni al Groningen, in Eredivisie, e un gol al volo di tacco – in gergo: lo scorpione – che lo ha reso notorio in tutti i Paesi Bassi, è sceso in Italia per vestire la maglia dell'Hellas Verona.
Non certo la scelta più semplice. Perché, in questa stagione 2022-2023, i gialloblu se la passano assai male: terzultimo posto in classifica, cinque punti sotto la zona salvezza. C'ha mai badato troppo Cyril Ngonge alle situazioni difficili, anzi, almeno sostiene, nelle situazioni difficili si trova a suo agio, riesce a dare quel di più che all'Anderlecht da giovane gli chiedevano di dare.
I primi diciassette minuti in Serie A sembrano benauguranti, quasi piacevoli per Marco Zaffaroni e Salvatore Bocchetti che guidano l'Hellas Verona dalla panchina. Sperano, in cuor loro, che possa continuare così, perché in attacco i giallorossi hanno bisogno di gente che sappia saltare l'uomo e che sappia tirare. E se c'è una cosa che Cyril Ngonge sa fare è saltare l'uomo e tirare, sia quando viene fatto giocare all'ala, sia quando viene posizionato al centro dell'attacco. Anche perché “se una cosa ho capito vedendo Remco vincere quello che ha vinto è che nello sport, sia ciclismo o calcio, serve adattarsi alla situazione e poi trovare il momento giusto per imporsi”, disse a novembre al Telegraaf. La speranza è che se lo ricordi. Due giorni dopo le parole al quotidiano olandese venne multato dal Groningen per essere arrivato in condizioni non ottimali a un allenamento a causa di qualche festeggiamento di troppo la sera precedente.
Olive è la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Nella prima puntata si è parlato di Khvicha Kvaratskhelia (Napoli), nella seconda di Emil Audero (Sampdoria), nella terza di Boulaye Dia (Salernitana), nella quarta di Tommaso Baldanzi (Empoli), nella quinta di Marko Arnautovic (Bologna), nella sesta vi ha invece intrattenuto Gabriele Spangaro con Beto (Udinese), nella settima di Christian Gytkjær (Monza), nell'ottava Armand Laurienté (Sassuolo), nella nona Sergej Milinkovic-Savic (Lazio), nella decima Sandro Tonali (Milan), nell'undicesima Cyriel Dessers (Cremonese), nella dodicesima Tammy Abraham (Roma), nella tredicesima Stefano Sensi (Monza), nella quattordicesima Federico Baschirotto (Lecce), nella quindicesima Moise Kean (Juventus), nella diciasettesima Rasmus Hojlund (Atalanta); nella diciottesima M'Bala Nzola (Siena); nella diciannovesima Federico Dimarco (Inter)
la nota stonata #7