L'edizione di Bookcity 2018 (foto LaPresse)

Ecco chi ospita le letture di Bookcity a casa sua. Non i soliti salotti

Paola Bulbarelli

Negli anni tantissimi pianoforti altri hanno mosso l’aria di note nei cortili, nelle piazze, nei parchi, sulle terrazze. Con la rassegna libraria s’è subito pensato di fare la stessa cosa, racconta Daniela Cattaneo Diaz

Tutto è partito con un pianoforte. Non uno qualsiasi ma quello suonato da Ludovico Einaudi. Dapprima in una casa privata poi, mano a mano che il fenomeno prendeva piede, tantissimi pianoforti hanno mosso l’aria di note nei cortili, nelle piazze, nei parchi, sulle terrazze. Concerti gratuiti per la città. “Abbiamo iniziato con la musica di Piano City nel 2010, poi è arrivata Bookcity”, racconta Daniela Cattaneo Diaz, fondatrice della società di marketing culturale H+, ideatrice prima del pianoforte diffuso alla milanese: “con Bookcity s’è subito pensato di fare la stessa cosa”. Quest’anno saranno una cinquantina le case private dei milanesi – non tutte salotti importanti, molte di semplici appassionati lettori: “C’è una signora che mette a disposizione la sua ogni anno ed è in zona un po’ periferica, dalle parti di Rogoredo, e ospita sempre dieci persone che di solito sono del quartiere” – che ospiteranno gli incontri di lettura di “Bookcity nelle case” (a ingresso gratuito e su prenotazione) che addirittura anticipano di dieci giorni la kermesse giunta all’ottava edizione. Siamo andati a scoprire una di queste case, per capire perché una idea così sia diventata un piccolo specchio del rapporto tra la città e i libri. “Fin da quando ero piccola amo i libri, le letture, leggere. Ho più rapporti con i libri che con le persone. Aprire la mia casa è irrilevante – ci ha raccontato Martina Schmied, che di appuntamenti ne ospita ben due – Ho voluto festeggiare il mio compleanno con la lettura e ho invitato tanti amici e condividere qualcosa di così importante in un periodo tanto devastante per la cultura mondiale. Con la cultura che non conta quasi più niente, è un dovere aprirsi”. E’ quasi uno sfogo, il suo. “Dopo tutti i nostri trascorsi politici, quelli dell’America e del Sud America, chi può, faccia capire che il momento culturale è uno dei più delicati.

 

Dobbiamo diffondere la cultura, darle importanza e far capire che non è una palla noiosa che si studia a scuola ma che è fondamentale per la vita. Che è anche divertente e interessante. La cultura ti apre la testa”. La vendita dei libri è un disastro e, nel nostro paese, si legge sempre meno. “Vero, però si scrive tanto”. Con questi incontri si diffonde la voglia di leggere? “Continuare su questa strada è giustissimo anche per pochi lettori, si deve fare. Sarebbe come chiudere tutti i cinema perché gli italiani non ci vanno più”. Martina ha dietro di sé una storia speciale, con i libri: “Vengo da una famiglia di editori argentina, mio nonno ha portato in Argentina artisti come Hugo Pratt, per dirne uno. Diciamo che tutto ciò che significa libro è familiare. Abril è stata una delle più grandi case editrici d’Argentina (fu fondata nel 1941 a Buenos Aires da Cesare Civita, direttore editoriale della Mondadori che fuggì dall’Italia per sottrarsi alle leggi razziali, ndr)”. E come sarà l’incontro? “Per l’incontro a casa mia, leggo in spagnolo il racconto di uno scrittore sudamericano, Quiroga Horacio, poi un’attrice ne leggerà altri due in italiano. Mi piacciono i libri ma in questo momento è una questione politica”.

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