Leonardo Del Vecchio (archivio LaPresse)

Del Vecchio è più forte allo Ieo

Mariarosaria Marchesano

Con Mediobanca, l’imprenditore ora conta molto nell’Istituto oncologico di Milano che lo snobbò. Ipotesi

Ci sono due teorie sulla scalata di Leonardo Del Vecchio a Mediobanca. La prima – quella più diffusa negli ambienti anche istituzionali e politici – è che l'imprenditore ottantaquattrenne abbia in mente per l’istituto di Piazzetta Cuccia un tale salto dimensionale nel panorama bancario europeo da rendere necessaria la vendita del pacchetto di controllo nel gruppo Generali (il 13 per cento per un valore di 4 miliardi di euro) e che questo disegno finirà con l’avvantaggiare qualche famelico gruppo francese che vuol mettere le mani sulla grande compagnia assicurativa triestina. La seconda teoria – sussurrata da chi non sottovaluta la passione di Del Vecchio per il mattone – è che lo smacco subito dai soci dello Ieo (l’Istituto oncologico europeo fondato da Umberto Veronesi), che lo scorso anno hanno rigettato la sua proposta di realizzare una nuova città della salute, a fronte di una donazione di 500 milioni, sia stato tale da meditare una rivalsa degna del Conte di Montecristo. Qualunque sia la spiegazione – magari c’è del vero in entrambe le ipotesi – non può sfuggire un dato: proprio grazie alla scalata a Mediobanca favorita dal disimpegno del gruppo Unicredit, Del Vecchio è diventato di fatto il socio più influente dello Ieo e questo apre nuove prospettive.

 

Già a fine 2017 il fondatore di Luxottica è salito di colpo al 18,4 per cento del capitale dell’Istituto oncologico grazie all’inatteso disimpegno di Unicredit (anche qui) e di Rcs. La sua quota partecipazione – detenuta attraverso una Fondazione – assume oggi un peso politico superiore se si considera che nel frattempo l’imprenditore è diventato il primo azionista di Mediobanca che dello Ieo è a sua volta il maggior socio con il 25,4 per cento. Se questo sia l’effetto collaterale di una partita molto più grande che vede Del Vecchio nelle vesti di kingmaker europeo tra occhialeria, banche e assicurazioni, oppure un’azione mirata proprio ad avere la meglio in una grande operazione immobiliare che lasci anche il segno nella sanità milanese, poco importa. La crescita di peso di Del Vecchio è destinata a rispecchiarsi prima o poi nella vita dell’Istituto medico presieduto da Carlo Cimbri e amministrato da Mauro Melis, che finora ha mal digerito gli audaci tentativi dell’imprenditore di farsi spazio. 

 

In fondo, si tratta di un’istituzione non profit anche se il capitale sociale è la sintesi dell’élite della finanza italiana: da Mediobanca a Telecom, da Intesa Sanpaolo a UnipolSai, passando per Pirelli e Bpm, solo per citare gli azionisti più blasonati. Quando un anno e mezzo fa Del Vecchio si è fatto avanti con una proposta d’investimento che avrebbe potuto sconvolgere gli equilibri interni dello Ieo, ha incontrato un muro di resistenza. E questo essenzialmente per due ragioni. La prima è nei numeri: un investimento di 500 milioni rappresenta un mutamento genetico per un Istituto il cui capitale sociale è di 84 milioni e i ricavi annui sono pari a 240 milioni. Il secondo sono le modalità. Diversamente da Rcs, che ha venduto le sue quote a Del Vecchio, la banca guidata da Jean Pierre Mustier le ha invece donate alla Fondazione dell’imprenditore consentendogli di assumere di colpo una posizione di tutto rilievo. Allo stesso tempo gli ha venduto i terreni su cui avrebbe dovuto realizzarsi l’ampliamento dello Ieo, che sono quelli del Parco agricolo sud di Milano ereditati dal fallimento del gruppo Ligresti. Troppa audacia per i soci dello Istituto oncologico, che tra l’altro sono vincolati da uno statuto interno che impedisce a un singolo azionista di superare la soglia del 30 per cento del capitale senza l’assenso tutti gli altri soci. Il che la dice lunga sui delicati equilibri interni che si sarebbero potuti sovvertire. Così, il piano di sviluppo dello Ieo-Monzino, come confermano tutte le fonti vicine al dossier, non è mai arrivato neanche a essere discusso dal consiglio di amministrazione. E’ stato bloccato prima, dopo discussioni informali molto accese, nelle quali il disappunto di Intesa Sanpaolo per le modalità usate dal tandem Del Vecchio-Mustier avrebbe avuto un peso determinante. E a nulla, a quanto risulta, sono serviti finora i tentativi di mediazione messi in campo dall’avvocato Sergio Erede, che da qualche tempo affianca l’imprenditore in questa e in altre operazioni. Gli equilibri, però, ora sono cambiati alla luce delle recenti mosse di Del Vecchio a Piazzetta Cuccia e non è escluso che a prevalere sia il pragmatismo. 

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