Ferruccio Resta (foto LaPresse)

Il Politecnico guarda al futuro, l'Italia progetta il passato

Daniele Bonecchi

Ferruccio Resta inaugura l’anno della prima università tecnica italiana e dice che il paese “rischia di rimanere senza direzione"

Ferruccio Resta ha avuto il coraggio di chiederlo: questo è un paese senza avvenire? E la domanda se l’è fatta davanti alla folta (un premier e due ministri tra gli altri) che ha partecipato all’apertura dell’anno accademico del Politecnico di Milano, accompagnata da un raggio di luce (dal cosmo, come ha raccontato nella sua lezione, galleggiando tra le stelle, Ersilia Vaudo Scarpetta, chief diversity officier dell’Esa), in un panorama politico da nebbia fitta. “La verità è che oggi stiamo progettando il passato”, ha ammonito il rettore, “se la manovra (del governo ndr) ha un segno negativo, è proprio nel rapporto squilibrato fra generazioni, a difesa delle fasce di età medio-alte, non pensata per il futuro dei nostri ragazzi”. Resta ha denunciato lo stallo del paese: “E’ necessario immaginare il futuro che vogliamo con progetti di lungo respiro, guardando lontano”. Non è consueto un approccio così diretto al paese intero, e non solo all’accademia e al mondo della ricerca, in una prolusione universitaria. Ma da un lato è nello stile e alla vision di Ferruccio Resta, dall’altra l’ateneo di cui è rettore è proiettato non solo nel futuro, ma in una dimensione e di player istituzionale dell’innovazione a tutto tondo. E’ per questo che le sue parole sono particolarmente significative.

 

Il Politecnico sa guardare lontano (la presenza in video dell’astronauta Luca Parmitano è solo una delle suggestioni). Tecnologia, mobilità, salute, sono solo alcune delle grandi sfide nelle quali, da piazza Leonardo Da Vinci alla Bovisa è impegnato un corpo accademico che il mondo ci invidia. “Non possiamo immaginare soluzioni semplici a problemi complessi, – spiega Resta – dobbiamo essere seri e affidarci a conoscenza e competenza, non a facili parole”. Dunque i fatti. Il Politecnico di Milano – prima università tecnica in Italia, premiata dai ranking internazionali tra le migliori venti al mondo nelle tre aree di studio, Architettura, Design e Ingegneria, 41esimo a livello globale per l’occupabilità dei propri studenti (94% ad un anno dalla laurea magistrale), tredicesima in Europa per numero di progetti finanziati dal programma Horizon 2020, da poco titolare di una sede fisica in Cina – non ci sta a dare per spacciato il paese. “L’Italia rischia di rimanere senza direzione, sprovvista com’è da anni di una seria politica economica e industriale”. La proposta è chiara: Un patto tra decisore, università e imprese, premiare il merito, tracciare progetti di largo respiro. Ha concluso Resta: “Spetta a noi decidere quale futuro lasciare ai giovani. Questa è la generazione meglio istruita, più cosmopolita e più globale della storia. Non accontentiamola con facili gratificazioni, ma forniamole gli strumenti per affrontare la complessità dei cambiamenti in atto. Diamole segnali di ottimismo”.

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