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Roma. “Un governo di unita nazionale, ma che sia davvero nazionale, legittimato da un voto del Parlamento. Lasciamo perdere le furbate”. E infatti, Giuliano Urbani che rimane padre di Forza Italia e che trascorre la sua quarantena a Napoli, città dove disastri ed epidemie sono patrimonio genetico così come la sottigliezza, dice di essere a volte combattuto tra il malumore la speranza, al crocicchio così come si trova adesso Giuseppe Conte, “abile, astuto, ma all’incrocio fra due scontenti. Lo scontento parlamentare e lo scontento che crescerà, e crescerà, nel paese”. Per ripararsi a destra, come Don Giovanni, corteggia Silvio Berlusconi e Forza Italia. Per tutelarsi a sinistra, ascolta Dario Franceschini che per Urbani è l’unica personalità dotata di esperienza politica, in pratica il solo che potrebbe compiere l’impresa del governo di ricostruzione: “In questo momento è tra i pochissimi che possono presentarsi in parlamento per raccogliere i voti di tutti. Io rimango dell’opinione che non bastano i tecnici”. Conte non basta? “La sua forza è che non ci sono alternative, ma il suo vago tentativo di blandire Forza Italia non è sincero. Sia chiaro: un governo di unità nazionale è quello che ci serve, ma per farlo non basta chiedere a Forza Italia di allearsi. Deve starci tutto il centrodestra. Ho come l’impressione che la mossa di Conte serva solo a dividere quel campo. Mi sia permesso di dire che è un po’ meschino. In quel caso la destra farebbe una stupidaggine”. E la sinistra la farebbe ancora sostenendolo? E qui Urbani, che si può permettere il privilegio del distacco, rivela la formula chimica, l’alambicco che protegge questo premier: “Nessuno vuole essere al suo posto e nello stesso tempo nessuno vuole essere al suo fianco”. E insomma, per l’ex ministro della Cultura, Conte è stato al momento “un uomo fortunato”, ma in queste settimane non riesce a trasformare la sciagura dell’epidemia in opportunità. Cosa intende? “Intendo dire che Sergio Mattarella aveva chiesto un governo stabile. Poi è arrivata questa iattura che è vero ha complicato tutto ma che avrebbe anche potuto semplificare ogni cosa. Questa emergenza è un alibi perfetto per dire: ‘Non possiamo permetterci di litigare, uniamoci’”. Urbani immagina un cartello unico che non potrà che farsi carico di ripensare la macchina amministrativa, un governo della durata di sei mesi, un anno al massimo, che si possa presentare in Europa e negoziare a nome di tutti gli italiani. E se invece si andasse a elezioni? “Non è altro che una sciocchezza. Le elezioni in queste condizioni non si possono tenere. Gli italiani manderebbero a quel paese tutti i partiti. Non hanno la testa. I loro pensieri sono rivolti a sopravvivere, ripartire. Le elezioni non sono praticabili”.
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