Renato Brunetta (foto LaPresse)

Brunetta spiega perché l'Italia dovrebbe trattare per usare il Mes

Valerio Valentini

“Qualcuno preferisce la Cina all’Ue. Conte venga in Parlamento: chiariamo chi vuole stare in Europa e chi vuole uscirne”

Roma. Renato Brunetta non vede terze vie. “O si sta con l’Europa, o si sta fuori dall’Europa, magari sperando nel Mes cinese”. E’ insomma un inno all’orgoglio europeo, quello dell’economista di Forza Italia, deputato e responsabile economico del partito. “Segnalo ai tanti fan di Trump, compresi certi amici sovranisti, che la risposta messa in campo dall’Ue è ben superiore a quella americana. E lo dimostrano i numeri: tra i ‘quattro pilastri’ al vaglio del Consiglio europeo, ci sono i 200 miliardi della Bei, i 100 miliardi del Sure, i 410 miliardi del Mes, e i 1500 del ‘Recovery fund’. Si tratta di strumenti che vanno ancora definiti nel loro funzionamento: ma le cifre sono chiare. E se ci si aggiungono i 750 miliardi della Bce (per quest’anno, e verosimilmente altrettanti per il 2021), il conto è presto fatto: quasi 3 mila miliardi di euro. Molti più dei 2 mila miliardi di dollari della Fed”.

 

 

Eh, ma noi abbiamo il Mes. “Questa sul Mes è davvero una ideologica, masochistica, stucchevole pantomima. Ne parliamo solo noi in Italia, alimentando sospetti e sfiducia nei mercati che infatti ci puniscono con lo spread. Il Mes non è affatto una polpetta avvelenata: è uno strumento di garanzia per l’Euro e per i paesi colpiti da crisi asimmetriche. Non capisco, dunque, perché demonizzarlo. Tanto più ora, che è stato alleggerito nelle sue condizionalità macro. Ci sono tutte le condizioni per utilizzarlo in questa sua nuova versione ‘soft’, traendone dei vantaggi. Il diavolo, poi, sta nei dettagli: quindi bisognerà leggere con attenzione le carte e capire con assoluta precisione il funzionamento delle condizioni di utilizzo e di restituzione dei prestiti. Ma appunto su questo, fossi nel governo italiano, mi concentrerei: sul rendere quanto più possibile vantaggiose le condizioni. Faccio tre esempi”.

 

Prego. “Il primo: quello toccato da Le Maire. Il ministro dell’Economia francese giustamente spinge perché tra le ‘spese sanitarie indirette’ per cui poter spendere i fondi del Mes ci siano anche gli interventi di sostegno alle imprese colpite dal lockdown. Giustissimo. Se iniziassimo a presentarlo così ai nostri imprenditori, la percezione del Mes cambierebbe”. Secondo punto. “La durata dei prestiti. Entro quanto andranno restituiti? Sarebbe importante che si trattasse di prestiti a lunga, lunghissima durata. E a tasso prossimo allo zero, sfruttando la garanzia della ‘tripla A’, ben al di sotto dell’1,7 per cento a cui piazziamo (se li piazziamo) i nostri Btp decennali. Infine, l’attivazione dell’Omt per i paesi che accedono alla linea di credito. Se si riuscisse a garantire l’utilizzo del bazooka della Bce in questo caso, sarebbe un trionfo”.

 

 

Ma se tutto è così chiaro, perché Salvini non lo capisce? “Faccio fatica a comprendere me stesso, a volte, e pure mi conosco da molto tempo. Figurarsi con Salvini”. Eppure il leader della Lega ha detto che il Cav. vuole il Mes perché è mal consigliato. Sono meglio Borghi e Bagnai? “Passiamo alla prossima domanda. Io ragiono per tabulas. Semmai, nutro un cattivissimo pensiero: e cioè che chi sbraita contro questo Mes, lo fa in realtà perché preferirebbe il Mes cinese. Trasformando così l’Italia nello Sri-Lanka, che s’è fidato dei prestiti di Pechino e poi, per ottenere uno sconto, ha dovuto vendere un suo porto. Ecco, a pensare male, si sa, si fa peccato. Ma di colloqui di questo tenore, a livello governativo, so per certo che ce ne sono stati nei mesi passati. Eccome”. A chi si riferisce? “A chi più di tutti coltiva il rapporto con la Cina”. Luigi Di Maio? “Voi lo dite. Io, per parte mia, so che voglio restare nel club dell’Europa. Una posizione forse minoritaria, nel Parlamento italiano, se sommiamo i voti di Lega, FdI, M5s e un pezzo di Leu. Ma proprio per questo invito il premier Conte a venire alle Camere per fare chiarezza una volta per tutte”.

 

 

Uno showdown parlamentare? “Hic Rhodus, hic salta: vale per tutti. Per il M5s e anche per i miei amici di Lega e FdI. Quando Conte presenterà il pacchetto completo degli aiuti, dovrà farlo garantendo la massima trasparenza. Bisognerà leggere bene le carte, spulciarle con attenzione per individuare tutte le possibili insidie. Ma alla fine, il voto del Parlamento italiano non sarà su un comma o su un articolo: sarà sullo stare dentro o fuori dall’Europa, magari guardando a Pechino. E allora tutti, nella maggioranza e nell’opposizione, si assumeranno la loro responsabilità”.

 

Sta prefigurando un governo sul modello Ursula, magari con l’ingresso di FI e l’uscita di almeno una parte del M5s? “Sto dicendo che quello sul pacchetto di aiuti sarà un voto che segnerà una linea netta tra chi vuole restare in Europa e chi vuole uscirne. Fine”.

 

E Conte? “Ecco. Diciamo che non sempre i conti di giornata tornano. Quello di due giorni fa, che usa parole di buon senso e si rimette all’analisi delle carte, è un premier che apprezzo. Quello di qualche sera prima, che parla di un’Italia in grado di ‘fare da sola’, che ingaggia battaglie mediatiche con Salvini e Meloni per vedere chi urla più forte contro il Mes, mi piace assai meno. Anche Conte, dunque, dovrà fare chiarezza. E io lo invito a farla in Parlamento, fugando con la chiarezza degli accordi ed alleanze raggiunti a Bruxelles qualsiasi ideologismo”.

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