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Il peccato originale e il miracolo

Giuliano Ferrara

Narcisismi di leadership personali, odi seguiti alla crisi gialloverde, equilibri fragili tra ex nemici, competizione a schiaffi in faccia, assalto alla diligenza in una barca in cui tutti siamo stipati. Europa e Italia: cercasi disperatamente soluzioni di responsabilità nazionale

Il peccato originale e i miracoli sono materia teologica. Ma per spiegare l’Italia dell’epidemia di questa materia abbiamo bisogno. La fase uno è quella dell’esplosione del contagio e dei grandi focolai, seconda metà di febbraio e inizi di marzo. E arriva il miracolo. Errori, certo, ritardi, impreparazione, ma questo era naturale o almeno corrispondente alle sottovalutazioni della sola ipotesi di una pandemia nel mondo intero, e dappertutto, anche in paesi costitutivamente più solidi del nostro, ci sono stati (le elezioni municipali in Francia, la teorizzazione dell’immunità di gregge come soluzione in Gran Bretagna, le grottesche piroette minimizzatrici di Trump sono solo esempi, ma che esempi). Da noi il miracolo è stata la decisione tutto sommato tempestiva di chiudere tutto, l’aver trovato il carattere per superare i garbugli costituzionali e burocratici e decidere di agire anche oltre la misura dei poteri del governo e della sua responsabilità, l’indubitabile efficacia nelle norme di lockdown per limitare i danni del contagio nel focolaio maggiore lombardo e impedire un suo dilagare, con conseguenze potenzialmente inaudite, nel centro e nel sud. La Lombardia, sulla quale dopo la solidarietà arrivano palate di merda, ha scontato il suo proprio carattere con la campagna “Milano non si ferma” e con la ospedalizzazione generale (alle origini anche in parte della estensione del contagio alle residenze per i vecchi) derivata da una concezione industriale e deterritorializzata del welfare: si spera che tutto sia rivisitato con metodi e toni istituzionali, che tutto non finisca in una riedizione del circo mediatico-giudiziario, che il malanimo verso una regione che è la chiave di volta del nostro passato e lo sarà del nostro futuro non debordi nella solita orrenda caciara contro chi ha pagato un prezzo così alto al di là di ogni possibile responsabilità. Comunque è stato un miracolo il disciplinamento antiepidemico di un paese guidato da un governo a composizione posticcia, nato dalla crisi del Papeete con una maggioranza inverosimile in azione da pochi mesi: miracolo nel miracolo, il capo di questo governo e i suoi ministri, per non parlare di funzionari e tecnici di varia qualità e estrazione, hanno fatto figura di personale di stato modesto ma in certa misura autorevole, rassicurante, concreto.

 

Ma i miracoli non risolvono la questione del peccato originale, soprattutto ora che a essere governata è una fase di graduale riapertura delle attività, di allentamento inevitabile delle misure di confinamento, e di rilancio e cambiamento del sistema di vita e di produzione della ricchezza, reddito investimenti e consumi, sostenuto da uno sforzo italiano e europeo che pende tutto dal lato della spesa straordinaria e di tentativi di mutualizzazione del debito, quello della ricostruzione. I filosofi della catarsi collettiva sono in piena e pensosa ebollizione, ma la realtà è che l’Italia rischia di slabbrarsi proprio nel momento in cui dovrebbe produrre il massimo slancio per la rinascita dopo il letargo. L’epidemia ha colpito in misura diversa gli uni e gli altri, sono diverse le paure e diversi i problemi, fino al punto che il governatore della Campania minaccia di chiudere le “frontiere” se le regioni del nord innescheranno una fuga in avanti e i voti italiani a Strasburgo sono espressi in ordine sparso e contraddittorio sulle questioni che ci interessano vitalmente. Ogni sistema industriale e produttivo fa storia a sé, le esigenze di riaprire sono sentite con diversa temperatura e diversa fretta. Il confronto e il conflitto sul piano che conta, anche finanziariamente, quello sovranazionale e intergovernativo in Europa, è oggetto della bramosa faziosità degli urlatori di ieri. E’ come se all’epoca del piano Marshall comunisti e socialisti avessero deciso di scatenare un’opposizione istituzionale radicale, alla greca. E’ normale che ci sia un caos da ordinare con cautela, da inquadrare e ricomporre con l’arte del possibile, che è la politica. Ma qui cade il peccato originale. Avevamo un sistema bipolare fondato sul conflitto istituzionale tra centrosinistra e centrodestra, ma il 4 marzo del 2018, con la collaborazione decisiva di un elettorato rancoroso e imbizzarrito che mangiò la mela biblica, abbiamo sostituito quel sistema, che era già da un anno in agonia dopo la sconfitta di Renzi nel referendum istituzionale, con l’intenibile alleanza tra grillini e leghisti, e in essa con il ruolo debordante e scassatutto del Truce ministro dell’Interno, un esperimento urlato e forsennato di demagogia e di disprezzo populistico della politica come arte, per non dire delle competenze e delle conoscenze. Ora servirebbe una soluzione di responsabilità nazionale, come è avvenuto in Portogallo, con risultati ammirevoli per loro e per tutti: lì il capo del centrodestra si mette nel solco della fatica politica nazionale senza se e senza ma, come si dice. Qui è tutto complicato dal narcisismo delle leadership personali, dagli odi inveterati seguiti alla crisi del governo gialloverde, dalla obiettiva fragilità dell’equilibrio di governo che lo ha sostituito nella collaborazione tra ex nemici, e da una competizione a schiaffi in faccia, in cui in molti tentano di dare l’assalto a una diligenza che è la barca in cui tutti siamo stipati. Il miracolo si è prodotto, ma il peccato originale resta.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.