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Furlan spiega al governo cosa vuol dire unità nazionale sull'economia

Valerio Valentini

“Ci sono 130 miliardi già stanziati. L’Europa? Una riduzione dei tassi d’interesse sarà indispensabile”, ci dice il capo della Cisl

Roma. Siccome “l’obiettivo prioritario è chiaro quale sia”, ed è “il contenimento immediato del contagio”, Annamaria Furlan non ammette polemiche, ora: “Siamo tutti chiamati a rispettare le ordinanze del governo, che nell’estendere la zona arancione a tutto il paese ha preso una decisione sicuramente dolorosa ma che condivido pienamente. Anche per questo, insieme agli altri sindacati, abbiamo spiegato alle imprese che siamo disponibili a una riduzione modulata, ed eventualmente alla sospensione, dei servizi e delle attività lavorative non essenziali, purché lo si faccia con accordi regionali e territoriali”.

 

E’ il momento, insomma, “della responsabilità individuale”, dice la segretaria generale della Cisl. “Ma è anche quello – aggiunge – dell’unità nazionale. Che deve servire a prendere decisioni importanti per il bene dell’Italia. Innanzitutto, dunque, questa emergenza ci impone una riflessione sugli scarsi investimenti destinati alla sanità pubblica negli ultimi vent’anni. Francia e Germania spendono oltre il 9 per cento del pil, in sanità. Noi il 6,6. Dal 2010 a oggi abbiamo tagliato 25 mila posti letto”. E certo, molte cure oggi prevedono una ospedalizzazione assai più rapida di quanto non accadesse dieci anni fa. “Ma se gli ordini professionali stimano una carenza di 50 mila infermieri e di 20 mila medici, un problema c’è. Dunque bene fa il governo a prevedere assunzioni massicce in questo settore, puntando soprattutto sui giovani. Mi auguro però che questo sforzo valga a ribadire che sanità e ricerca sono le priorità del paese, la vera forma di sicurezza sociale”.

 

Dopodiché, c’è da affrontare l’altra emergenza: quella economica. “Il governo - ci dice Furlan - si è convinto a varare un provvedimento più incisivo del previsto, di almeno dieci miliardi. Bene, e anzi: se trovasse più risorse, sarebbe meglio. L’Unione europea capirà, dovrà capire. L’Ue è chiamata a dimostrare di esserci, a farsi riconoscere dai suoi cittadini come presidio di protezione e di solidarietà. Guai se apparisse sorda ai bisogni dei suoi abitanti, in un momento così drammatico. La Commissione e la Bce dovranno garantire liquidità e possibilità d’investimenti. Una riduzione dei tassi d’interesse sarà indispensabile per spingere le banche a offrire credito a famiglie e imprese. Nessun lavoratore dovrà perdere il suo reddito a causa del covid19, neppure gli atipici o i somministrati. E per gli investimenti produttivi, con cui far ripartire l’economia europea, servirà un grande fondo di garanzia, da alimentare anche con l’emissione degli eurobond”.

  

Riforme, queste, di cui si parla da due decenni. Davvero questo governo italiano ha la forza di ottenere ascolto dall’Ue? “Non c’è tempo e non c’è modo per speculazioni politiche e divagazioni di altro tipo”, risponde Furlan, come a voler scacciare l’idea di un esecutivo di solidarietà nazionale diverso da questo. “Ma il governo in carica deve, deve, deve avere la forza di dar seguito a queste istanze. E per mostrarsi credibile agli occhi delle istituzioni europee, è obbligato a prendere decisioni importanti qui a casa nostra”.

 

Quali? “Ci sono 130 miliardi di euro già stanziati, per le grandi opere e per i piani di messa in sicurezza del territorio. Sbloccarli subito è fondamentale: prima di andare a chiedere a Bruxelles nuove risorse, dimostriamo che siamo in grado di sfruttare al meglio quelle che già abbiamo”. E poi, magari, anche rivedere le priorità di spesa pubblica, mettendo ad esempio in discussione, almeno in parte, quota 100 e reddito di cittadinanza? “Guardi, ognuno si prenda le proprie responsabilità. Io mi limito a dire che ogni anno decine di migliaia di giovani vanno via dall’Italia per cercare lavoro altrove. Assumerli è fondamentale, ed è anche molto più saggio di quanto non lo sia il dover richiamare in servizio, in tutta fretta, medici e infermieri appena pensionati.

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