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La maggioranza rossogialla cancella l'immunità per i manager. Ora l'ex Ilva rischia

Luca Roberto

L'allarme dei sindacati: “Decisione grave che mette a rischio l'occupazione”. Il ministro Patuanelli assicura: “Troveremo un punto di equilibrio tra ragioni produttive e diritto alla salute”

Sembrava una mossa legata tutt'al più alle polemiche tra le varie componenti grilline - la fronda governista opposta a quella dura e pura fedele alle promesse fatte in campagna elettorale - la presentazione, a inizio ottobre, dell'emendamento al decreto “salva imprese” con cui 13 senatori Cinque stelle chiedevano la soppressione dell'immunità penale parziale concessa ai vertici di ArcerolMittal nella realizzazione del piano ambientale sull'area ex Ilva di Taranto. E invece l'iter parlamentare ha subito un'evoluzione improvvisa, Pd-Leu-Italia Viva e Cinque stelle hanno votato compatti a favore dell'emendamento che lo stesso ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, si era impegnato a rivedere incontrando i senatori dissidenti e facendo loro presenti le ragioni della realtà, che imponevano la prosecuzione dello strumento immunitario per non intaccare i livelli occupazionali dell'azienda. 

 

Anche per questo lo stesso Patuanelli, intervenendo nel dibattito al Senato prima della votazione finale, ha cercato di correre ai ripari ricordando come non ci possa essere un vero piano industriale nazionale “senza un'adeguata produzione siderurgica”, e come sia possibile trovare con l'azienda “un punto di equilibrio” tra le ragioni dell'attività produttiva e il diritto alla salute dei cittadini. 

 

Il suo era soprattutto un tentativo di lanciare un segnale a distanza nei confronti di Fiom, Fim e Uilm che, dopo essere venute a conoscenza dell'approvazione dell'emendamento soppressivo dello scudo penale nelle commissioni Lavoro e Industria di Palazzo Madama, hanno rimarcato le potenziali ripercussioni che prevedono “nella migliore delle ipotesi il rischio di una drastica riduzione dell'occupazione, nella peggiore il prologo a un disimpegno (dell'azienda) a lasciare il nostro paese”. Proprio le parti sociali, ha ricordato il ministro prima di entrare in Aula, saranno ascoltate nei prossimi giorni insieme al management di ArcerolMittal. 

 

Spaventati da questi scenari apocalittici, i senatori di Italia Viva, Partito democratico e delle Autonomie hanno sottoscritto un ordine del giorno che impegna il governo a tutelare “l'attività produttiva dello stabilimento siderurgico di Taranto, dei livelli occupazionali e dell'indotto, in un'ottica di progressiva decarbonizzazione dell'impianto”. Ordine del giorno che è stato accolto dal ministro dello Sviluppo economico, ma che non è servito a placare le acque attorno a un provvedimento per la cui rapida approvazione (la conversione del decreto alla Camera deve avvenire entro il 3 novembre prossimo, altrimenti la norma decade) l'esecutivo sarebbe intenzionato a chiedere il voto di fiducia. “Ci rendiamo conto di come sono messi nella maggioranza se sono costretti a ricorrere al voto di fiducia per evitare un voto segreto in cui rischierebbero di finire sotto?”, ha detto il senatore leghista Roberto Calderoli, che il voto a scrutinio segreto lo aveva richiesto nella speranza che i malumori interni per lo più al Partito democratico venissero a galla nel segreto dell'Aula. Non a caso, durante l'assemblea del gruppo dei senatori democratici, riferiscono le agenzie, erano state diverse le voci dissonanti nei confronti della linea del partito, sempre più, a loro dire, “succube dei Cinque stelle”.   

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