La Legge del Buon Samaritano alla prova di internet

Guido Vitiello

Con l'avvento del web in molti potrebbero essere perseguiti per il reato con cui finiscono in prigione i protagonisti della sitcom "Seinfeld"

Il video del gattino arrosto ha qualcosa di inquietante, ma non è quello che credete. Andiamo con ordine. Nel maggio del 1998 la Nbc trasmette l’attesissima puntata finale della sitcom “Seinfeld”. Colpo di scena: i quattro protagonisti finiscono in prigione. E dire che non pensavano di avere fatto nulla di male. C’era questo ragazzo grasso e buffo borseggiato da un ladruncolo sull’altro lato della strada, loro hanno solo filmato la scena e aggiunto qualche commentino spiritoso: “Addio soldi per la liposuzione”; “Il bello di derubare un ciccione è che non può inseguirti”. Una gag divertente, e nulla più. Ma un agente dell’immaginaria contea di Latham li arresta in base alla Legge del Buon Samaritano. E’ un nuovo articolo del codice modellato sull’esempio francese, gli spiega l’ispettore del carcere: l’anno prima (storia vera) alcuni fotografi erano stati indagati per aver immortalato l’incidente fatale di Lady Diana invece di soccorrerla. E qui si prepara il secondo colpo di scena, un’agnizione tragica a rilascio prolungato; perché i settantasei milioni di spettatori dell’episodio finale sono indotti a constatare che per nove stagioni non hanno fatto altro, complici morali dei loro eroi galeotti: hanno riso e deriso, senza riguardi per nessuno. Era il 1998. Ancora qualche anno, e i social network avrebbero modellato le giornate di un pubblico ben più vasto sul palinsesto di quella puntata profetica: un tizio vede una cosa che non gli piace e come primo (o unico) istinto la filma, così che gli altri possano fare commentini sarcastici. E’ la Legge del Samaritano Stronzo.

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