Cappella Espiatoria, Monza (foto Wikipedia)

Rompicapo per castigatori di monumenti

Antonio Gurrado

Per mandare in tilt gli iconoclasti basta portarli alla Cappella Espiatoria fatta erigere da Vittorio Emanuele III a Monza

C’era una vecchia barzelletta secondo cui, per far impazzire un carabiniere (o un ingegnere; o qualsiasi rappresentante di una categoria a vostra scelta) basta un foglio con scritto “girare” su entrambi i lati. Ecco, per far impazzire un castigatore di monumenti basta portarlo a Monza, alla Cappella Espiatoria fatta erigere da Vittorio Emanuele III lì dove suo padre fu assassinato, centovent’anni fa. Ovviamente, trattandosi di un monumento monarchico, il castigatore avrebbe gioco facile nel dire che incarna un regime colonialista, antidemocratico e maschilista; per non parlare dell’evenienza che, trattandosi di un monumento religioso, è come tale oscurantista, omofobo e ostacolo concreto all’inclusione.

 

Fin qui, roba da dilettanti. Il castigatore di monumenti verrebbe però messo in crisi dalla scritta “Viva Bresci” che gli anarchici hanno sempre fatto campeggiare sul muro (la direttrice della Cappella si è appena detta favorevole a conservarla nonostante i lavori di restauro). Che facciamo, caro castigatore? Eliminiamo col monumento monarchico-cattolico anche la scritta che protesta contro i valori espressi dal monumento stesso? Bisogna tenerla, dunque; se non che sorge un altro problema. Pare infatti che il primo a scrivere “Viva Bresci” sul muro in questione fosse stato Benito Mussolini, avete capito bene, e che per cent’anni gli anarchici altro non abbiano fatto che perpetuare la memoria di queste parole incise da un fascista, imperialista e cento cose peggiori ancora. A questo punto il castigatore di monumenti, se non è impazzito, può avere un’unica soluzione da proporre: tirar giù la Cappella Espiatoria ma lasciare soltanto la scritta “Viva Bresci”, sorretta da un pannello illustrativo che ne condanna l’autore. Solo allora, nella storia, giustizia sarà fatta.