Beppe Grillo (foto LaPresse)

L'ultima battaglia del M5s, sfiduciare gli elettori

Antonio Gurrado

Il sonetto (che sonetto non è) dedicato a Virginia Raggi mostra l'ultima metamorfosi: dopo aver trasformato il popolo in eletti ora al Movimento non resta che combattere la vera élite, la gente

Che sia “gente de fogna” o “gente da poco”, inutile dirlo, non cambia gran che. Il sonetto del militante grillino Franco Ferrari anzitutto non è un sonetto, visto che in luogo dei tradizionali quattordici endecasillabi consta di dieci capoversi di cinque-sei righe ciascuno; a casa mia si chiama prosa. Soprattutto però l’intemerata contro i romani, che Beppe Grillo ha ripreso per invitare Virginia Raggi a mollare una città che non la merita, resterà come verbalizzazione di un cambiamento epocale nella politica dovuto ai Cinque Stelle – un altro, dopo il Vaffa Day, la democrazia diretta su internet e la ricollocazione geografica di Pinochet e di Matera.

 

Un cambiamento inevitabile, forse: infatti il MoVimento è nato come ondata di protesta, in cui un popolo di elettori s’incancreniva contro una élite di eletti. Per soppiantare l’élite, il popolo ha dovuto eleggersi da solo, cioè scegliere a caso dei propri membri che prendessero il posto dei politici. In questo modo si è instaurato un popolo di eletti. Una volta seduti in poltrona, sindaci di grandi città, parlamentari o ministri che fossero, i Cinque Stelle non sono venuti meno alla propria vocazione e si sono messi a monitorare costantemente l’attività di chi aveva dimostrato coi fatti di detenere il potere e di non farsi scrupolo a usarlo: le persone che li avevano votati. A quel punto, di fronte al potere sempre crescente di questa spregiudicata élite di elettori (bastavano pochissimi di loro per decidere, ad esempio, la sorte di una legge o di un capo politico sulla piattaforma Rousseau), il popolo degli eletti ha dato segni di concreta ostilità, dapprima accusandoli di lasciare apposta i frigoriferi per strada, poi disattendendo regolarmente le loro indicazioni e velleità politiche, infine ricorrendo all’arma decisiva: la rissa verbale al bar con Toninelli. Adesso, con lo pseudosonetto di questo Pasquino impermeabile alla metrica, la rivoluzione può dirsi compiuta; il popolo, cioè gli eletti del MoVimento, è alla sfida finale con l’élite, cioè gli elettori che esercitano il proprio potere nelle forme e nei limiti della Costituzione. Ormai gli eletti sono a un passo da sfiduciare gli elettori e cacciarli via; il contrario, temo, sarà più difficile.

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