(foto d'archivio LaPresse)

In Italia per fare le cose normali bisogna essere speciali

Antonio Gurrado

Per tornare a scuola servono più classi meno affollate, con un corpo docenti congruo. Talmente semplice che in Trentino hanno già risolto (mentre a livello nazionale siamo in alto mare)

Sembrava semplicissimo, seguire le linee guida per la ripartenza ordinata del nuovo anno scolastico a settembre. Bastava creare più classi con meno alunni, aumentare gli insegnanti, stanziare del denaro con chiari obiettivi di spesa e il gioco, grossomodo, era fatto. Invece poi, all’atto pratico, sono emerse le magagne. I soldi ci sono ma non bastano, il corpo docente lo incrementiamo un’altra volta, mandiamo tutti a scuola di persona anche di sabato sera se necessario, pur di non cedere alla didattica a distanza, alle sue lusinghe e alle sue tentazioni. Senza contare che, essendo stati tutti promossi grazie a una concessione urbi et orbi del ministro mesi fa, adesso le scuole hanno perfino più studenti di prima e i provveditorati tendono ad accorpare le classi, anziché scorporarle, passando dal modello virtuoso del pollaio a quello, virtuosissimo, dell’arnia. Alla fine tutto si è ridotto alla rosea prospettiva che, entro l’inizio della scuola, forse arriveranno dei banchi, per quanto non sia chiaro se con o senza rotelle. In tutto ciò un raggio di sole giunge dal Trentino. Ieri la provincia autonoma di Trento, dopo aver letto le linee guida, ha diramato un bel Piano operativo per la riapertura delle scuole. Semplicissimo, appunto: hanno aumentato il numero di classi diminuendo la concentrazione di alunni, hanno incrementato il corpo docente, hanno stanziato 45 milioni ad hoc e si sono organizzati per evitare che gli orari vengano stravolti o che si vada a scuola al sabato. A riprova che, in Italia, per fare le cose normali basta essere a statuto speciale.