(foto LaPresse)

Statue e architettura. Fuksas ci dice che a Roma rimuoverebbe solo il sindaco

Gianluca Roselli

"Non servono le dittature per realizzare l’Eur, si può fare anche in democrazia, basta avere una classe dirigente con capacità e visione del futuro, in grado di pensare in grande"

Roma. “Non si può giudicare l’arte o l’architettura con le lenti del presente o con le polemicuzze di oggi. Per questo reputo una stupidaggine abbattere le statue. Secondo questa logica impazzita, a Roma si dovrebbero distruggere un sacco di cose, io invece non toccherei nulla…”. Massimiliano Fuksas, uno dei più famosi architetti italiani nel mondo, profondamente romano, guarda con un certo distacco a quello che sta accadendo dopo i fatti di Minneapolis, con il movimento Black Lives Matter che sta tirando giù o imbrattando statue in giro per il globo.

 

Nella Capitale il tema è dibattuto da tempo poiché la città è piena di simboli del regime fascista che ogni tanto qualcuno vuole rimuovere. L’obelisco con la scritta “Mussolini Dux” davanti al Foro Italico e la pavimentazione sottostante, per esempio. Ma di recente si è tirato in ballo anche “L’apoteosi del fascismo”, opera di Luigi Montanarini in bella mostra nel salone d’onore del Coni. Ma aquile e fasci littori sono disseminati un po’ ovunque in città. Per non parlare di Via della Conciliazione. “Io sono per lasciare tutto. L’arte non si distrugge mai. A parte il valore delle opere, non possiamo lavarci la coscienza buttando giù una statua o rimuovendo un quadro. Alcune di esse stanno lì proprio a ricordarci la nostra storia, il fatto che l’Italia, per circa vent’anni, è stata fascista. Ma poi, secondo questa logica, allora che facciamo, abbattiamo il Colosseo perché i romani ci facevano divorare gli schiavi dai leoni? O il Mausoleo di Augusto, perché l’imperatore è stato un conquistatore e un colonizzatore? Massù…”, dice Fuksas.

 

L’architetto, tra l’altro, con la sua Nuvola, ha realizzato l’ultima opera dell’Eur, il quartiere voluto da Mussolini che, pensato per l’Expo (mai tenuto) del 1942 dall’architetto e urbanista Marcello Piacentini, è stato portato a termine nel dopoguerra. “Con il razionalismo ho avuto un rapporto controverso. Nei miei anni di gioventù, all’epoca della contestazione studentesca, lo rifiutavo, vedendoci solo la raffigurazione architettonica nel fascismo. Lo consideravo addirittura diabolico. Più avanti, col passare degli anni, ci ho fatto pace e anzi riconosco al razionalismo il merito di aver influenzato l’opera di molti architetti moderni. Quando ho accettato di realizzare la Nuvola ho pensato molto al contesto in cui sarebbe stata calata e all’asse tra il quartiere e la Cristoforo Colombo, verso il mare”, racconta il grande architetto.

 

“E comunque, guardando oltre confine, nessuno ha mai pensato di abbattere lo splendido Hotel Ucraina di Mosca perché è stato uno dei simboli dello stalinismo. Quando vedo rimuovere una statua, fosse anche quella di un dittatore, provo sempre una sensazione di disagio. Tutto va lasciato lì a sedimentare, a farci riflettere…”, continua Fuksas. Che ha sorriso vedendo i ragazzi contestare l’effige a Montanelli. “Quel colore gli ha dato un tocco futurista… Scherzi a parte, che Milano dedichi una statua a Montanelli è assolutamente legittimo. Pensare ora di rimuoverla per certi fatti accaduti durante la guerra d’Africa non mi trova d’accordo. Quando si dedica una statua a qualcuno, lo si fa per ricordare i suoi meriti in vita, lasciando da parte le cose meno buone… Poi chissà, se avessi 20 anni oggi, magari andrei anch’io in giro a imbrattare statue, ma non credo”.

 

C’è qualcosa che a Roma rimuoverebbe? “Sì, l’attuale amministrazione di Virginia Raggi, assolutamente non all’altezza. Non servono le dittature per realizzare l’Eur, si può fare anche in democrazia, basta avere una classe dirigente con capacità e visione del futuro, in grado di pensare in grande…”. Milano, negli ultimi anni, l’ha avuta? “Di sicuro più di Roma. Attenzione però, a Milano è tutto più facile: la città è piccola e i suoi abitanti sono permeati dalla cultura del fare. Roma è una realtà enorme e assai più complessa. Ma non può diventare una scusa per non fare nulla… ”.