(foto LaPresse)

Sfiducia Bonafede

Valerio Valentini

C’è chi vuole impallinare il Guardasigilli. Il Pd cerca di rinviare la mozione, ma il M5s proprio non capisce

Roma. Che la tentazione cominciasse a diffondersi, tra i suoi, Andrea Marcucci se n’è accorto quando da alcuni di loro s’è sentito porre la domanda fatidica: “Ma la mozione di sfiducia sarà con voto segreto?”. Segno, evidentemente, che nella pattuglia dei senatori del Pd qualcuno ci stava facendo un pensierino: impallinare, nel segreto dell’urna, Alfonso Bonafede, e mandare un messaggio eloquente a Giuseppe Conte e al M5s. Non succederà, pare. Non fosse altro che per il regolamento di Palazzo Madama imporrà, di fatto, il voto palese. E non succederà anche perché Matteo Renzi sa bene che la sua minaccia verso il governo ha un senso fintantoché resta sempre incombente, senza però mai inverarsi in un salto di barricata che lo porterebbe nel campo del centrodestra. E però, se l’esito della mozione di sfiducia lanciata da Salvini contro il Guardasigilli appare scontato, tutt’altro che agevole risulta il percorso che a quell’esito dovrà condurre. “Anche perché i grillini la politica non la capiscono”, sbotta un ministro del Pd. Se ne stanno accorgendo anche gli sherpa del Nazareno, che agli alleati del M5s hanno provato a indicare la via più agevole per salvare Bonafede. E cioè ritardare la calendarizzazione della mozione, farla scivolare ben oltre la metà di maggio. 

 

Così da avvicinarla quanto più possibile a quella già depositata contro il ministro dell’Economia Gualtieri. E nel frattempo incassare la fiducia su altri provvedimenti. Insomma, il voto su Bonafede deve entrare in un pacchetto complessivo di rinnovo di fiducia all’esecutivo. Sennonché i grillini sbuffano: perché ritardare significherebbe, contestualmente, aprire le trattative con Italia viva, che ha già fatto capire che la fiducia a Bonafede esigerà, da parte del ministro e del premier, un certo cambio di rotta. E infatti Gianluca Castaldi, sottosegretario ai Rapporti col Parlamento del M5s, scuote il capo: “Quelle di Renzi sono solo chiacchiere per avere visibilità. Per noi la mozione si può votare mercoledì prossimo”. Riflesso condizionato tipico, da parte del grillismo, che quando è in difficoltà gonfia il petto e si lancia in velleitarie battaglie identitarie, anziché fare buon viso a cattivo gioco si asserraglia dietro il suo armamentario propagandistico. Si spiegano così le convulsioni sulla regolarizzazione degli stranieri e l’ottusa refrattarietà all’uso del Mes, invocato a gran voce da Pd e Iv, dopo che l’Eurogruppo di ieri lo ha di fatto modellato proprio sulle richieste del governo italiano, e respinto come la peste dal M5s, per pura questione di capriccio, di “ragioni ideologiche che costerebbero all’Italia sette miliardi nei prossimi dieci anni”, fa i conti il renziano Marattin. E tutto questo vale ancor più sulla giustizia.

 

Bonafede è un ministro azzoppato, appeso alla protezione di Conte. Dovrebbe cedere su qualcosa, e invece da due giorni è tutto un rivendicare i suoi straordinari risultati con un fanatismo che irrita non solo i renziani, ma anche – e si torna al punto di partenza – il Pd. “La mozione di sfiducia va respinta. Ma va anche fatta chiarezza nella maggioranza” dice la senatrice dem Valeria Valente. “Se è irricevibile per noi una teoria accusatoria contro il ministro fondata sulla cultura del sospetto, per cui avrebbe ceduto ai diktat dei boss, d’altro canto la linea difensiva del M5s – prosegue la Valente – non può neppure essere quella per cui ‘Bonafede non si tocca perché è l’eroe della spazzacorrotti’. Diciamo che se Bonafede comprendesse quanto è pernicioso il giustizialismo, e si sedesse al tavolo per correggere la riforma sulla prescrizione, sarebbe un bene per tutti”.