Alfonso Bonafede (foto LaPresse)

Perché Repubblica sceglie l'antimafia originale

Redazione

Bonafede scaricato in nome dell’ideologia mediatico-giudiziaria sul 41 bis

L’aritmetica dice che i boss al 41 bis usciti per l’emergenza Covid sono tre, gli altri dei 376 erano in alta sicurezza (è diverso), ma i cronisti che ieri Repubblica ha sguinzagliato per argomentare “la sconfitta di Bonafede” sono cinque, più due editorialisti. Sette contro tre (quattro mettendoci Bonafede). Oltre ai numeri, pur sempre degni di nota, l’aritmetica dice anche qualcosa di interessante, per quanto non nuovo, sul circo mediatico-giudiziario e soprattutto sullo storico rapporto – diciamo di poco distanziamento sociale – tra gli ideologi dell’antimafia chiodata e il quotidiano che fu di Scalfari, di Bolzoni e di molti altri protagonisti della stagione della guerra alle mafie. Dopo qualche giorno di incertezza, se stare più dalla parte del dottore Di Matteo o da quella del ministro Bonafede, Rep. ha deciso che tra l’originale e la copia è meglio l’originale, la magistratura chiodata. Anche se, tramontate le star, oggi il massimo della categoria è rappresentato dal dottore Di Matteo. Il ministro Bonafede, come tutti i grillini, è da sempre un giustizialista manettaro.

 

Arrivato inopinatamente a via Arenula, Bonafede ha tentato di appropriarsi di temi e modi della vecchia antimafia. Ma lui e i grillini alla fine sono scaricabili, in nome del Dna antimafioso autentico. Dietro alla campagna in favore di indignazione pubblica sulle scarcerazioni dei boss animata da Largo Fochetti c’è il paradigma ideologico, e conseguente narrazione, della lotta alla mafia sempre tradita dalla “politica”, della “trattativa” come perenne archetipo italiano e l’olimpo dei magistrati duri e puri. E’ possibile che la nuova proprietà e direzione di Repubblica a tutto questo non siano troppo interessati, ma giocoforza non va reciso uno dei pochi segmenti del Dna del quotidiano ancora attivi. La vecchia guardia e i lettori non capirebbero. Resta però, e il fatto oltrepassa storia e lettori di Repubblica, che dietro all’ideologia dell’intoccabile 41 bis – pena essere additati come trattativisti, gogna che oggi tocca pure al davighista Bonafede – c’è una concezione del carcere e delle garanzie giuridiche e civili che spesso fa a pugni con la Costituzione e anche con le sentenze europee. E il dogma, correlato, dell’ergastolo ostativo. L’aritmetica di Repubblica, più che a Bonafede, fa un danno allo stato di diritto.