Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede (foto LaPresse)

Lo scontro Di Matteo-Bonafede manda in crisi esistenziale i manettari

Ermes Antonucci

Da Travaglio all'Anm, passando per Caselli e i membri laici del Csm eletti in quota M5s. Piccolo bestiario delle loro dichiarazioni tragicomiche

Lo scontro epico tra Nino Di Matteo e Alfonso Bonafede (che domani sarà oggetto di un’informativa del Guardasigilli alla Camera) ha mandato in crisi esistenziale gli adepti del fronte giustizialista e dell’antimafia militante, dando vita a una girandola di dichiarazioni tragicomiche.

 

La medaglia d’ora va senza alcun dubbio al direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio. Abituato a manganellare mediaticamente chiunque sia oggetto di accuse o semplici sospetti, di fronte alle incredibili affermazioni di Di Matteo, secondo cui il ministro della Giustizia nel 2018 non lo avrebbe nominato capo del Dap per le preoccupazioni espresse dai boss mafiosi, il grande inquisitore si è scoperto improvvisamente equilibrato e garantista, tanto da definire lo scontro tra due suoi simboli “un colossale equivoco fra due persone in buona fede”. Slurp! In seguito, Travaglio si è addirittura lanciato in un duro attacco ai magistrati. Si badi: i magistrati di sorveglianza, cioè le toghe più attente alla tutela dei diritti umani dei detenuti e più esposte al fuoco dei manettari. Il coraggio del coniglio.

 

Il cronista giudiziario ha anche dispensato alcune fake news, come quella secondo cui Di Matteo sarebbe autore dell’inchiesta sulla fantomatica “trattativa” Stato-mafia, “approdata – com’è noto – due anni fa alle condanne in primo grado di tutti gli imputati”. Com’è noto (ma non a Travaglio), però, nel filone in rito abbreviato dello stesso processo, colui che secondo i pm avrebbe svolto il ruolo di promotore della trattativa, ossia l’ex ministro Calogero Mannino, è stato assolto sia in primo grado che in appello, facendo vacillare il filone principale.

 

La medaglia d’argento per la dichiarazione più tragicomica va all’Associazione nazionale magistrati, che in una nota ha bacchettato Di Matteo: “Un magistrato deve esprimersi con misura e nelle sedi opportune”. Visto che nei confronti di Piercamillo Davigo (a cui va una menzione d’onore per il silenzio nella vicenda) il sindacato delle toghe non ha mai rimproverato nulla, ne deduciamo che il salotto di La7 costituisce una sede opportuna per i magistrati e le sparate manettare rappresentano affermazioni espresse con misura. 

  

A pari merito, sul secondo gradino del podio si collocano i membri laici del Csm eletti in quota M5s, Alberto Maria Benedetti, Filippo Donati e Fulvio Gigliotti, anch’essi intervenuti con una nota per ricordare l’importanza della “continenza” e della “cautela” dei magistrati. Nel comunicato, però, i tre si sono dimenticati persino di citare il destinatario della loro ramanzina (come a voler ribadire, in ogni caso, l’intoccabilità dell’“Innominato” Di Matteo). Sorprende, poi, che il richiamo all’importanza per un magistrato di adottare un atteggiamento di self-restraint sia giunto solo ora, e solo con l’obiettivo di difendere il povero ministro, appartenente al partito dal quale i tre membri laici sono stati candidati ed eletti al Csm.

 

Quattro le medaglie (o facce) di bronzo. La prima va al giornalista di Repubblica Attilio Bolzoni, che, dopo aver alimentato per trent’anni ogni genere di gogna mediatico-giudiziaria, ha scritto: “Smettiamola con l’alimentare la cultura del sospetto, finiamola con il confondere la pubblica opinione, basta con le suggestioni costruite su una mezza parola” (sic!).

  

Medaglie di bronzo anche all’ex procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli e a Salvatore Borsellino, anch’essi abituati a vedere complotti mafiosi ovunque, ma che stavolta dalle pagine del Fatto quotidiano hanno lanciato messaggi d’amore. “Caro Di Matteo, caro ministro, siete persone perbene, ora dovete fare pace”, ha scritto il primo. “Anche i giusti sbagliano, ma è l’ora di fare pace”, ha ribadito il secondo.

 

Ultima medaglia di bronzo a Sebastiano Ardita, membro togato del Csm appartenente al gruppo davighiano di Autonomia e Indipendenza: “Di Matteo con onestà e umanità tiene altissima la credibilità del Consiglio, dando voce a chi non ne ha contro le logiche correntizie”, ha dichiarato al Corriere della Sera riferendosi a Di Matteo, candidato ed eletto al Csm nelle liste di una corrente, quella di Davigo.