Dal 4 marzo a oggi. La telenovela del fallimento giallo-verde

Consultazioni, contratti, accordi fatti e disfatti. Dalle elezioni all'incarico a Cottarelli: come siamo arrivati allo stallo di questi giorni

Enrico Cicchetti e Luciano Capone

Dalle elezioni del 4 marzo non esce un chiaro vincitore, ma solo un chiaro sconfitto: il partito democratico. La coalizione di centrodestra ottiene il 37 per cento, con il trionfo della Lega che supera Forza Italia. Ma il M5s è il primo partito, con oltre il 32 per cento dei consensi. Reduce dalla "netta sconfitta", Renzi annuncia che lascerà la segreteria del Pd ma dopo la formazione del Governo. Nel Pd inizia l'era Martina, segretario-traghettatore fino all'Assemblea.

 

A Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni hanno dato il mandato a Matteo Salvini a incontrare il M5S per cercare una soluzione per le presidenze di Camera e Senato. Tutti e tre escludono intese col Pd. Il leader della Lega chiama Di Maio: è un primo avvicinamento.

 

Dall’intesa Lega e 5stelle escono i presidenti di camera e senato: Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati. Si apre la fase delle consultazioni. Di Maio prova a tenere socchiusa la porta al Pd: "Siamo aperti a tutti". Ma arriva l'alt di Travaglio: "Se va con Lega gli servirà una scorta".

 

Di Maio su La7 propone come candidato premier un “contratto di governo”: sì alla Lega e al Pd “derenzizzato”. Immediato il no dei democratici.

 

Il 10 aprile le prime consultazioni, ma non emergono intese e servirà un nuovo giro. Sempre più tesi i rapporti tra la Lega e il M5S sul ruolo di Berlusconi, che Di Maio vorrebbe fuori dai giochi. Il centrodestra invece serra le fila.

 

Parte il secondo giro di consultazioni. Le battute non concordate di Berlusconi contro i Cinquestelle alla fine dei colloqui allontanano una soluzione. Il Pd esce dal bunker e si dichiara pronto a incontrare chi sarà incaricato da Mattarella “per confrontarsi sui punti programmatici”.

Tutti i protagonisti della partita sono all'inaugurazione del Vinitaly, che si fa crocevia della politica italiana. "Se Di Maio vuole il forno di Renzi si accomodi", dice Salvini riprendendo una metafora del capo dei Cinquestelle che aveva detto: "Aspetto qualche giorno, poi uno due forni chiude".

 

Il 18 aprile Mattarella dà mandato esplorativo alla presidente del Senato Casellati ma il 20, l'esito delle sue consultazioni si risolve in un nulla di fatto.

 

Il 22 aprile il centrodestra vince le regionali in Molise. Il giorno dopo il presidente della Repubblica dà incarico esplorativo a Fico.

 

Di Maio scarica Salvini e apre al Pd. Martina si dice disponibile. "C'e' dialogo, il mio mandato si chiude con esito positivo", esulta Fico il 26 aprile. Ma per tirare le somme, Mattarella attende la Direzione del Pd.

 

29 aprile: trionfo della Lega in Friuli Venezia Giulia. Alla sera Renzi, da Fabio Fazio, rompe il silenzio che si era autoimposto e nega la fiducia a un esecutivo a guida cinque stelle. Martina lo attacca: "Così rischiamo l'estinzione".

  

3 maggio: arriva l'attesa riunione della Direzione del Pd che ritrova l'unità su una mozione di Martina e accoglie anche le posizioni di Renzi. Si fa strada l'ipotesi di un governo di tregua o istituzionale, che non piace però né alla Lega né ai Cinquestelle. Dopo la breve parentesi "governativa" il Movimento rispolvera il lessico barricadero. "Traditori" del Popolo è la parola d’ordine.

 

Il 4 maggio Grillo rilancia l’ipotesi di un referendum sull’euro. Per di Maio è solo una battuta.

  

Terzo giro di consultazioni. Il Presidente della Repubblica rompe gli indugi e annuncia l'eventualità di un Governo neutrale che dovrebbe concludere la sua attività a fine dicembre per andare subito dopo a elezioni. M5S e Lega restano contrari e chiedono elezioni subito, prima il 24 giugno, poi l’8 luglio, poi il 22 luglio, in piena estate.

 
 
Il 7 maggio, Di Maio annuncia un passo indietro sulla premiership.

 
Il 9 maggio, toglie anche il veto su Berlusconi e dice che la colpa dello stallo è di Renzi. Berlusconi dà l’ok a un governo Lega-M5s, senza votare la fiducia. I due vincitori delle elezioni chiedono 24 ore a Mattarella. 

 

15 maggio: Huffington post rivela una prima bozza del programma di governo, stilato a Milano da Salvini e Di Maio.

 

21 maggio, i leader di Lega e M5s salgono al Colle da Mattarella e indicano Giuseppe ConteE come premier. Il presidente della Repubblica si consulta coi presidenti di Camera e Senato.

  

22 maggio. Sembrava quasi fatta ma l'accordo tra Lega e M5s sul candidato premier e sulla squadra di governo sembra di nuovo prendere il largo. La rincorsa verso l'incarico al candidato giallo-verde e a seguire la delicata architettura di pesi e contrappesi tra le due forze politiche inizia a scricchiolare sotto il peso di due macigni: il fardello di Paolo Savona, candidato al Tesoro (che Matteo Salvini vuole fortemente ma che lascia dubbioso il Colle) e il profilo del candidato premier portato da Luigi Di Maio, finito sotto la lente dei giornali di tutto il mondo per la vicenda del curriculum ritoccato.

   

23 maggio. Ci siamo. Alle 17.30 Mattarella convoca Conte al Quirinale e gli assegna l’incarico, che lui accetta con riserva.

  

25 maggio, Conte sale al Quirinale ma senza lista dei ministri. La trattativa per il governo Lega-M5s è in salita e i tempi si allungano ancora. I cinque stelle e la Lega blindano Savona, possibile ministro dell'Economia nonostante i richiami di Mattarella, che dice no ai "diktat". "Sono davvero arrabbiato", scrive Salvini su Facebook. Lo spread tocca quota 215.
   

La sera di domenica 27 maggio è la notte più lunga della Repubblica: Mattarella riceve Conte, che scioglie le riserve e rimette l'incarico di formare il governo. Il presidente della Repubblica spiega che il problema è l'aut aut della Lega sul nome di Savona, considerato inadatto per le sue posizioni sull'euro. Inizia la crisi istituzionale. Mattarella convoca l'ex commissario per la spending review, Carlo Cottarelli.