Carlo Cottarelli (foto LaPresse)

Euro Cottarelli

Luciano Capone

“Se se pol mia, se fa sensa”, è il suo motto. E ora il premier incaricato dovrà “fare senza” molte cose, pur di farci restare nell’eurozona

Roma. Chi lo conosce dice che la sua massima ambizione politica è quella di diventare un giorno sindaco di Cremona, la sua città. E solo fino a pochi giorni fa, a chiunque gli chiedesse della possibilità di diventare premier di una coalizione, rispondeva che “è più probabile che mi chiedano di giocare come centravanti nell’Inter al posto di Icardi”, perché “non credo ci sia consenso sulle mie idee”. E’ stato smentito per la prima parte della frase, perché il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha affidato l’incarico di formare un nuovo governo. Ma troverà conferma per la seconda parte, perché – a meno di ulteriori imprevedibili sconvolgimenti politici – non riceverà la fiducia dal Parlamento.

 

Carlo Cottarelli, divenuto noto per la sua esperienza da commissario alla Spending review, si ritrova così a gestire un compito molto difficile in un momento così delicato: traghettare il paese alle elezioni attraversando le turbolenze dei mercati e le acque agitate di una delle più gravi crisi politico-istituzionali del Dopoguerra. Anche in questa esperienza dovrà rifarsi a un vecchio proverbio cremonese, già motto del periodo alla Spending review: “Se se pol mia, se fa sensa”. Se non si può, si fa senza. 

 

E sono tante le cose di cui il premier tecnico Cottarelli – laurea a Siena, specializzazione alla London School of Economics, esperienze alla Banca d’Italia e all’Eni prima di diventare direttore del dipartimento Affari fiscali sulle orme del suo maestro Vito Tanzi – dovrà fare senza. Innanzitutto, per restare dentro il perimetro del “governo neutrale” delimitato il 7 maggio da Mattarella, Cottarelli dovrà fare a meno di tutto ciò di cui ha beneficiato l’ultimo governo tecnico, quello guidato da Mario Monti: non verrà nominato senatore a vita, non si impegnerà in politica e non avrà una maggioranza parlamentare: “Mi presenterò al Parlamento con un programma che, in caso di fiducia includa legge di bilancio 2019, dopodiché il Parlamento verrebbe sciolto con elezioni nel 2019 – ha detto Cottarelli nella dichiarazione al Quirinale –. In assenza di fiducia il governo si dimetterebbe immediatamente e il suo compito sarebbe l’ordinaria amministrazione e accompagnare il paese alle elezioni dopo il mese di agosto. Mi impegno a non candidarmi e chiederò un simile impegno ai membri del governo”.

 

Ciò di cui Cottarelli dovrà fare a meno è anche la falsa stima delle forze politiche che fino a ieri l’hanno corteggiato. Il primo assaggio è arrivato da Luigi Di Maio, che in campagna elettorale dichiarava di ispirarsi al “piano Cottarelli” per ridurre gli sprechi e solo poco prima delle elezioni ha chiesto proprio a Mr. Spending review di fare il ministro dell’Economia del suo fantagoverno a cinque stelle, mentre domenica era su un palco a sbraitare con una notevole faccia di bronzo: “Chi volevano al ministero dell’Economia? Quello che domani portano al Quirinale. Si chiama Carlo Cottarelli, viene dal Fmi ed è uno che ci ha riempito la testa col fatto che vi dovevamo distruggere la sanità e la scuola per ridurre il debito!”. Gli toccheranno quindi almeno un paio di mesi di insulti di ogni tipo, non proprio ciò che meriterebbe un civil servant che ha rinunciato a prestigiosi e ben remunerati incarichi in molti cda in Italia e all’estero per fondare l’Osservatorio sui conti pubblici e insegnare ai giovani in università.

 

Il motivo per cui Mattarella ha scelto Cottarelli, che poi è lo stesso per cui ha rifiutato Paolo Savona, è contenuto nella seconda parte della dichiarazione del premier incaricato: “Negli ultimi giorni sono aumentate le tensioni sui mercati finanziari, lo spread è aumentato, tuttavia l’economia è in crescita e i conti sono sotto controllo. Vi posso assicurare nel modo più assoluto che un mio governo assicurerebbe una gestione prudente dei conti pubblici”. E poi in conclusione: “Il dialogo con l’Europa deve essere costruttivo, nel pieno riconoscimento che la nostra partecipazione all’area dell’euro resta essenziale”. Le parole di Cottarelli per rassicurare i mercati e gli investitori sono state pronunciate con la stessa gravità del whatever it takes di Mario Draghi, ma solo con la forza della sua credibilità e senza nessuno dei poteri del presidente della Bce.

Se se pol mia, se fa sensa”, dice Cottarelli. Ma senza l’euro non si può fare nulla, dice Mattarella. Che per questo ha scelto lui.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali