Carlo Calenda (foto LaPresse)

Calenda ci dice che vuole una “lista unica” con il Pd, anti sfascisti

David Allegranti

Ma le liste chi le fa? Formalmente Matteo Renzi è ancora il capo politico dei Democratici, che vogliono il voto subito

Roma. Il governo Cottarelli, se mai nascerà, non avrà neanche l’appoggio del Pd. Ieri il reggente Maurizio Martina ha proposto l’astensione sul voto di fiducia. Il che parrebbe stridere con le manifestazioni di solidarietà, verbali e non, riservate al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, compresa quella di piazza il primo giugno. Eppure, ha precisato ieri Martina riunendo i gruppi parlamentari, “il Pd sostiene con piena convinzione l’operato del presidente Mattarella e la scelta di varare un Governo neutrale che porti alle elezioni anticipate. E proprio per rispettare il carattere di neutralità politica del governo credo che sia opportuno che il Pd si astenga sul voto di fiducia. Convocheremo a breve e prima della fiducia la Direzione nazionale e lì decideremo”. La proposta di Martina sarà dunque votata in direzione. Nel frattempo però c’è da decidere come presentarsi alle elezioni. Con quale candidato, secondo quale schema di gioco. Il Pd vuole diventare il partito della Costituzione, come già fatto da Pietro Grasso e Leu alle scorse elezioni, raggranellando ben poco, oppure la prospettiva è un’altra? “Vi dovete sentire partigiani della Costituzione”, ha detto il capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio all’assemblea dei deputati. Più concretamente, il Pd spinge per il voto più ravvicinato possibile. “Se il governo Cottarelli non avrà la fiducia sarebbe utile andare alle elezioni il prima possibile, anche a luglio, se ci fosse una condivisione la più ampia possibile delle forze politiche”, dice Lorenzo Guerini, coordinatore del Pd.

 

Andrea Orlando, dalla minoranza, concorda. E le liste chi le fa, visto che Matteo Renzi risulta ancora formalmente il capo politico del Pd? E chi lo fa il candidato? Paolo Gentiloni ieri era all’ultimo giorno a Palazzo Chigi. Da oggi sarà pienamente operativo per capire se ha il sostegno del Pd oppure no e se Carlo Calenda può essere un ostacolo o un aiuto. Il ministro uscente vuole promuovere un “fronte repubblicano”. Ma la domanda è: autonomo o insieme al Pd alle prossime elezioni? Interpellato dal Foglio, Calenda risponde così: il fronte sarebbe una “lista unica promossa da Pd e da tutti i cittadini e i movimenti che si oppongono agli sfascisti”. Con un “simbolo nuovo”, aggiunge Calenda. Pare essere d’accordo, almeno sugli intenti, anche il sindaco di Firenze Dario Nardella: “Credo che ora sia venuto il momento in cui tutte le forze democratiche, che hanno a cuore la Costituzione, la Repubblica e un’idea di Europa non da distruggere come vogliono gli altri, ma da salvare e riformare, si devono unire. E’ importante costruire un larghissimo fronte democratico che metta i valori della Costituzione al centro, ovvero il lavoro, i diritti di libertà, l’eguaglianza e l’Europa”.

 

Quando è nata la Costituzione italiana, aggiunge Nardella, “si sono ritrovate le più alte tradizioni: quella liberale, socialista, comunista e democristiana. E noi siamo i veri eredi di quella grande tradizione che ha ricostruito un Paese dalle cenere e dai mori della guerra mondiale. Spero che questa grande coalizione democratica repubblicana metta il territorio al centro”. Lo schema insomma lo spiega Fausto Raciti. Dice al Foglio: “Salvini prova a proporre la competizione fra popolo ed élite. E’ un terreno falso e serve ad alimentare un imbroglio, perché come c’è un pezzo di popolo che non può permettersi una nuova crisi come quella del 2011, che Salvini voleva nuovamente scatenare, così c’è un pezzo di élite che dopo aver passato 25 anni a comprimere il costo del lavoro adesso, essendo arrivato a un punto limite, pensa di svalutare la moneta. Di conseguenza penso che il prossimo confronto sia sull’Europa tra chi come noi vuole starci e rivedere i trattati e tutti gli altri che sponsorizzano strategia che fa dell’Italia il grimaldello per far saltare l’Europa”.

 

La questione, osserva Goffredo Bettini, è che adesso “non basta solo il Pd e la sua unità. Veniamo da una lunga fase di isolamento politico. Questa fase va rapidamente superata. Occorre costruire un campo largo, che si muova sulla base di un manifesto delle energie intellettuali, culturali, scientifiche, produttive, del mondo del lavoro e di tutte le espressioni vive della società italiana. Va messa in campo subito una proposta in grado di prosciugare le ragioni che hanno gonfiato le vele del populismo. In questo senso dobbiamo andare oltre l’idea di costruire un fronte repubblicano. Nel prossimo scontro elettorale questo campo dovrebbe essere rappresentato da una personalità che è stata già sperimentata per le sue capacità di governo... A partire da Paolo Gentiloni, che in questo momento è tra i nostri dirigenti più popolari nel Paese”. Insomma il fronte “Gentiloni candidato presidente” s’ingrossa ogni giorno.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.