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Perché il Cav. è sospeso tra Salvini e un rilancio pro euro. Tentazioni e timori

Salvatore Merlo

La Lega valuta un’alleanza con il M5s. Un sondaggio inquieta Forza Italia che forse spera di liberarsi dai sovranisti

Roma. Il deputato di Forza Italia guarda il cronista, si fa promettere l’anonimato, e poi dice, con ironia: “Intelligente la mossa di togliere a Belpietro e Giordano un programma del 3 per cento su Rete 4 perché dava voce ai populisti, e poi farsi mandare a quel paese da Di Maio e Salvini, in batteria, da Barbara D’Urso su Canale 5”. Gli occhi affranti da livori e timori, il partito di Silvio Berlusconi è in preda a una crisi di nervi. “Mi chiedi se andrò alle elezioni con Di Maio?”, dice Salvini a Barbara D’Urso: “Vedremo. In queste settimane ho letto cose sgradevoli… Adesso ci penserò”. Domani la Lega si riunisce per discutere anche delle alleanze, mentre i Cinque stelle, per la prima volta, non escludono l’ipotesi di coalizzarsi. Ma quella che per Salvini è una provocazione tattica, un gesto di forza nei confronti di Berlusconi, per Forza Italia è l’origine di una tragedia che si affaccia sul nulla. Domenica sera il Cavaliere rilascia una dichiarazione di solidarietà al presidente Mattarella, che suona come una presa di distanze da Salvini. La mattina dopo però rilascia un’altra dichiarazione, ancora prima che Carlo Cottarelli salga al Quirinale a ricevere l’incarico: “Non voteremo la fiducia”. Due Berlusconi diversi, in contrasto. Uno sdoppiamento della personalità che rivela l’esistenza di due gruppi contrapposti intorno al Cavaliere. 

  

E così, la sera di domenica, è Gianni Letta a raggiungere al telefono Berlusconi, con l’effetto di un Cavaliere dal tono libero, istituzionalmente corretto, padrone del suo destino. Ma la mattina di lunedì, otto ore dopo, è invece Niccolò Ghedini, l’alleato della Lega nelle stanze di Palazzo Grazioli, a intercettare il Cavaliere, a convincerlo che Salvini non va irritato, ma blandito, e rapidamente: “Se Salvini si allea con Di Maio noi spariamo, ci sfasciamo, ci estinguiamo”. E quindi ecco la scelta di dichiarare subito che mai Forza Italia avrebbe votato la fiducia (probabilmente mercoledì) al governo del Quirinale, l’esecutivo presieduto dall’economista Cottarelli, che i numeri per la fiducia non li avrà e gestirà per pochi mesi l’ordinaria amministrazione in vista delle nuove elezioni che si potrebbero tenere tra settembre e ottobre.

  

La fine della Seconda Repubblica è anche in questi dettagli, nello spaesamento di Forza Italia, nel Cavaliere tirato da Ghedini verso la Lega e da Letta verso posizioni di autonomia, ma rischiose. “Dieci anni fa Berlusconi avrebbe già mandato a quel paese Salvini, e fatto una magia, tirato fuori dal cilindro un’escogitazione di marketing creativo: un partito nuovo, una classe dirigente di quarantenni, una piattaforma contro gli estremisti dello sfascio”, dicono nel partito che naviga a vista e sembra destinato ad allearsi ancora una volta con la Lega, ma da posizione gregaria, e un po’ così, solo per spirito di sopravvivenza, per eleggere meno deputati e senatori di quelli che aveva prima. Ma restando in vita.

  

Forza Italia sperava che il governo Salvini-Di Maio si facesse, perché serviva tempo. Tempo per riorganizzarsi. Tempo per ricostruire un’offerta credibile intorno a una classe dirigente da rinnovare. Adesso davanti agli occhi degli uomini del partito si sgrana invece la natura del sentiero che stanno percorrendo, impervio e oscurato in un’incognita di foresta. Dicono i sostenitori dell’avvocato Ghedini, citando un sondaggio di Alessandra Ghisleri, che se Berlusconi non fa la coalizione di centrodestra, allora Salvini e Di Maio alleati prenderebbero tra il 94 e il 98 per cento dei collegi uninominali. In pratica su mille posti in palio – sostiene questo sondaggio che è stato sventolato sotto gli occhi del Cavaliere – l’alleanza sovranista arriverebbe alla maggioranza assoluta, una cosa mai successa nella Repubblica, abbastanza per cambiare persino la Costituzione. “Dobbiamo mantenere il bipolarismo. E stare con Salvini”, hanno allora detto a Berlusconi. Che sembrava persuaso. Almeno per qualche ora. Il Cavaliere infatti è anche attratto (ma a intermittenza) dall’idea di candidarsi lui a capo del governo, di rivedere la scritta “Berlusconi presidente”. E allora c’è chi gli suggerisce di rompere con Salvini, e di rilanciare. Ma poi su queste pulsioni odorose di giovinezza pesa la tirannia del tempo, con le sue minacciose lancette, il maledetto tempo che precipita inarrestabile. E l’incertezza diventa una ginnastica, praticata sull’orlo del baratro.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.