
(foto LaPresse)
L'europa chiusa in casa
Chi riesce torna nel suo paese, ma le foto delle code a est mostrano che il passaggio “senza ostacoli” delle merci non c’è più. Cronaca di un continente “murato dentro”, e di una vendetta
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S’è chiusa in casa anche tutta l’Europa per contrastare la pandemia di coronavirus. “Si è murata dentro”, scrive il New York Times raccontando le misure prese in questi giorni dalla Commissione europea, mentre anche gli Stati Uniti annunciano: una parziale chiusura del confine con il Canada; la volontà di rifiutare le richieste d’asilo al confine con il Messico, il famoso muro tanto agognato da Donald Trump. L’unico antidoto al coronavirus conosciuto oggi è quello di evitare i contatti tra le persone, e dopo alcuni tentativi nazionali di sperimentare politiche alternative – la strategia della pandemia controllata – ora tutti scivolano più o meno rapidamente verso il lockdown. Ieri sera la cautissima cancelliera Angela Merkel ha detto che questa è la sfida “più grande dalla guerra” in cui “tutto dipende dalla nostra azione solidale”, “soltanto la distanza è l’espressione della cura per il prossimo”. La Merkel s’è mossa, la circolazione delle persone è limitata, ridotta allo zero (questo è l’obiettivo), ma Ursula von der Leyen si è premurata di dire fin da lunedì, da quando cioè s’è capito che l’Europa doveva prendere misure coordinate, che la circolazione delle merci andava “agevolata” perché restasse libera “senza ostacoli”. Si è parlato di corsie preferenziali per il transito delle merci, ma al momento dieci stati europei hanno reintrodotto controlli alle frontiere. Vale per le persone, ci finiscono dentro anche le merci: basta contare quanti camion ci sono nelle immagini delle code ai confini tra i paesi membri, basta guardare gli scaffali dei supermercati che progressivamente si svuotano, mentre iniziano a essere introdotte regole d’acquisto che stabiliscono delle priorità (comunque trovare lievito e farina per fare la pizza è diventata un’impresa a rischio ammenda).
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