“Alla fine dell'Europa”
Non c’è un popolo diverso dall’altro, il virus non si vince con la lotta tra clan. Parla Olivier Guez
Roma. Il coronavirus, il male invisibile ma letale, che non vediamo ma sentiamo eccome, ci sta mettendo davanti a tutti i nostri limiti. Che sono limiti storici, politici, ma anche dell’umanità. Ognuno di noi la vive come può questa quarantena senza spazio né tempo, Olivier Guez, scrittore e intellettuale francese (l’ultimo suo libro pubblicato in italiano è Elogio della finta, Neri Pozza), la vive in Bretagna, “alla fine dell’Europa”, dove non c’è nessuno, soltanto spiagge vuote. “Stiamo conoscendo uno scenario folle – dice al Foglio – In tre mesi abbiamo visto il mondo chiudersi e confinarsi, l’umanità all’improvviso ha perso ogni certezza, anche su quanto vale la propria vita”. Dovremmo fermarci e aspettare, dice Guez, “alla fine di questa emergenza avremo sperimentato molte cose nuove, anche l’ipervulnerabilità di noi stessi e del nostro sistema”.
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