(AP Photo/Jae C. Hong)

Voglia di normalità

Paola Peduzzi e Micol Flammini

C’è chi rimanda eventi a causa del Covid-19 e chi non lo fa. Le diverse ragioni, i codici di condotta, quanto pesa il “fattore Italia” nelle scelte europee e un piccolo segreto sui segreti

Nell’Italia dell’emergenza sanitaria, delle strade deserte, dell’assalto alle mascherine, delle code nei supermercati tra carrelli troppo pieni e carrelli, ritardatari, troppo vuoti, la voce dell’Europa sembra che si senta un po’ di più. Le premesse sul Brennero non sembravano positive domenica scorsa, invece i paesi membri hanno deciso di non chiudere la porta a nessuno, di rimanere europei e di non fingere che sbarrando un confine si possa fermare un virus. Tutti, dalla Francia alla Polonia, dalla Danimarca alla Spagna, si sono chiesti se non fosse il caso di fare come l’Italia e iniziare a fare più tamponi e a mettere a punto un piano B, nel caso dovessero trovarsi tra qualche settimana nelle condizioni del nostro nord. Il commissario europeo per la Salute, Stella Kyriakides, era ieri a Roma al fianco di Roberto Speranza e ha detto che non ci sono confini che riescano a tenere un virus chiuso in gabbia e anzi, che se una risposta è possibile, questa può arrivare solo dalla globalizzazione. “Con la cooperazione globale e coordinandoci riusciremo a impedire che il Covid-19 si diffonda”, ha detto il commissario. Intanto però tutti i paesi sono stati chiamati a porsi una domanda: “Siamo pronti?”. L’Ue vuole saperlo, dovranno dirlo, far sapere se hanno bisogno di aiuto. Ieri a Roma c’era anche Hans Kluge. Il direttore generale dell’Oms Europa ha detto che “non abbiamo bisogno di essere allarmati ma di stare all’erta”: rispettare le linee guida che continuiamo a ripeterci come fossero un mantra, ma cercare anche di non violare un equilibrio, una normalità.

 

A Berlino e a Cannes si terranno due eventi importanti, nonostante il virus, ma piano con i contatti e le mani

Anche l’Ue ha paura, il primo brivido si era diffuso con la notizia della polmonite di Peter Pellegrini, il primo ministro della Slovacchia ricoverato al ritorno dal vertice straordinario che si è aperto una settimana fa sul budget. Il vertice è fallito, Pellegrini è tornato con i colpi di tosse e tutti hanno pensato al coronavirus. Con tutti quei bilaterali falliti e parole sussurrate all’orecchio, avremmo dovuto mettere in quarantena tutti i capi di stato e di governo europei, ma Pellegrini a quanto pare non era contagioso, è tornato al lavoro e anche alla sua campagna elettorale, la Slovacchia voterà sabato e il suo partito non va benissimo. Altro segnale di inquietudine da coronavirus è arrivato dal Parlamento europeo che ieri ha mandato una mail a tutti i suoi dipendenti per dire di lavorare da casa e a chi viene da Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Cina continentale, Hong Kong e Macao, Singapore o Corea del sud, di andare in autoisolamento. Strasburgo aveva anche deciso di annullare lo stage Schuman per i ragazzi italiani del nord e per chi proviene da altre zone a rischio, ed è intervenuto il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, per sbloccare la situazione. Gli stagisti, che secondo le disposizioni sarebbero stati richiamati dopo sei mesi, inizieranno il due marzo, come previsto.

 

L’Ue chiede di rimanere calmi e i paesi membri sono in posizione di attesa. Il Wall Street Journal dice che il coronavirus è un ottimo test per misurare il grado di sopportazione del rischio e ogni stato, come ogni cittadino, ha il suo. Andare avanti, fare in modo che la quotidianità non si trasformi in una serie di quarantene autoimposte, smart working, cene rimandate, baci non dati e abbracci rifiutati, oltre alle occhiate in cagnesco su tutti i mezzi di trasporto contro chi osa tirar su con il naso, è importante. C’è voglia di normalità e mentre l’Italia guarda dallo spioncino in attesa che la tempesta passi, mentre eventi, fiere, spettacoli e concerti vengono rimandati se non cancellati, ci siamo fissate alcune date europee, due incontri che nonostante il virus andranno avanti: la Fiera internazionale del Turismo a Berlino e il Mercato internazionale dell’Immobiliare a Cannes. Abbiamo chiesto agli organizzatori se hanno paura, non tanto del virus quanto del fallimento e cosa vuol dire organizzare un evento con l’epidemia alle porte e soprattutto con il fantasma del MWC di Barcellona, la fiera tech che ogni anno mostra come sarà il futuro, che nel 2020 è stata annullata una settimana prima del suo inizio per paura dei contagi. Non c’erano abbastanza adesioni, terrore del virus. Per vedere il futuro ci toccherà attendere ancora un altro anno.

Tutti a Berlino

Dal 4 all’8 marzo in Germania ci sarà la Fiera internazionale del Turismo ITB Berlin, che è un evento annuale in cui si rintracciano i nuovi trend: come viaggeremo, dove andremo, con chi partiremo. La Germania ha avuto 18 casi di contagio, ha detto che avrebbe iniziato a fare più tamponi ed è stata tra i primi a dire che non avrebbe chiesto di chiudere Schengen, per cui anche la fiera si farà. Gli organizzatori ci hanno raccontato che il numero delle iscrizioni non è in calo, lo scorso anno hanno partecipato 180 mila visitatori e ci si aspetta che altrettanti arriveranno anche tra qualche giorno. Berlino non ha posto nessuna limitazione ai viaggi, tutti possono entrare in Germania e tutti possono partecipare alla ITB. Tuttavia, ci dicono da Berlino, “la sicurezza dei partecipanti è la nostra priorità, per questo l’Auma, l’associazione dell’industria fieristica tedesca, gli organizzatori e l’ITB stessa stanno monitorando da vicino la situazione. Siamo sempre in contatto con il ministero della Salute tedesco”. Al momento “non ci sono prove di una circolazione del virus sostenuta e il rischio per la salute in Germania rimane basso”. Berlino non prevede limitazioni né per cittadini cinesi, né asiatici né italiani, ma i viaggiatori potrebbero essere invitati, prima di sbarcare, a comunicare se sono stati in regioni a rischio o a contatto con persone contagiate. Va bene la normalità, ma senza eccessi, per cui alla ITB Berlin qualche misura in più verrà presa, come misure di pulizia e disinfezione aggiuntive. E poi ci sono i consigli. Se andate a Berlino lavatevi le mani frequentemente e accuratamente, state attenti a starnuti e tosse, e poi evitate di stringere la mano, siamo sicure che per questa volta non sembrerete maleducati.

Tutti a Cannes

No, non è il Festival, ma è l’altro evento europeo della città, non si parla di cinema, ma di mobili. Il Mipim, Mercato internazionale dell’Immobiliare, aprirà il 10 marzo e anche qui il coronavirus impensierisce, ma senza panico. “Stiamo monitorando la situazione, seguiamo le linee guida stabilite dalle autorità francesi competenti e dall’Organizzazione mondiale della sanità”, ci dicono dal Mipim, assicurandoci che anche qui le presenze al momento sono simili a quelle del 2019. Le raccomandazioni sono sempre le stesse, anche a Cannes dicono di lavarsi le mani, bene!, di starnutire in modo appropriato, e per chi ha dei dubbi basta andare sul sito dell’evento. Per i più smemorati verranno affissi dei cartelli per ricordare quali sono le norme igieniche da rispettare. Ci sarà anche più personale medico del solito, il Palais des Festivals verrà igienizzato con una cura maggiore ed è stata richiesta una collaborazione con i partner locali, aeroporto, hotel e comune di Cannes. Restrizioni di viaggio specifiche non ce ne sono, il Mipim è aperto a tutti, “in linea con le raccomandazioni del governo francese e dell’Organizzazione mondiale della sanità”.

Juventini senza controlli

I tremila tifosi della Juventus attesi alla partita di ieri sera contro il Lione sono diventati il caso politico del giorno, in Francia. Pare non siano stati controllati all’aeroporto e sì che vengono dall’Italia, anzi dal nord Italia, il focolaio più grande di coronavirus fuori dall’Asia. A differenza di quanto accaduto da noi, dove le partite sono state sospese il fine settimana scorso (non tutte, e con un criterio un pochino improvvisato), la Champions League non ha imposto cordoni sanitari né partite a porte chiuse. I cittadini di Lione però non l’hanno presa bene: perché tutti questi italiani intorno? Alcuni dicevano che Torino non è la città più colpita, ma il sindaco di Lione, Gérard Collomb, ha sperato fino all’ultimo in una direttiva specifica del governo per salvare Lione dagli juventini possibili untori. Il ministro della Salute appena insidiatosi, Olivier Véran, ha difeso la scelta del governo: ci siamo consultati con gli esperti, ha detto (e ora “esperto” è una bella parola). Ma Marine Le Pen, leader del Rassemblement national sovranista, ha detto: “Insensato”, gli italiani non vanno accolti (sì, che beffa). Anche Ségolène Royal, che cerca di dare vita alla sinistra francese moribonda, ha ribadito: il governo ha preso una decisione senza senso, l’opinione pubblica non comprende. L’opinione pubblica comprende poco da ultimo, se tieni aperto il negozio sei irresponsabile e se lo chiudi invece sei vittima del panico. In più c’è la variabile prettamente calcistica, il tifo e le rivalità, territorio in cui non ci vogliamo inoltrare. A noi torna solo in mente l’ex ministro dei Trasporti Toninelli, che articolando la sua retorica noTav – è soltanto “un buco nella montagna”– diceva: “Ma chi se ne frega di andare a Lione”.

  

  

No irlandese al rugby italiano

Il calcio europeo va avanti, il rugby globale no. A Lione, posto che ci piace moltissimo, gli juventini sono diventati un caso politico

Il calcio europeo va avanti, il rugby globale no. Il ministro della Salute irlandese, Simon Harris, ha deciso di posticipare le partite del torneo Sei Nazioni del 7 e dell’8 marzo contro la nazionale italiana a Dublino (maschile, femminile e under 20). Ci sono state alcune lamentele, ma la lega internazionale che gestisce il Sei Nazioni ha detto che sono state poste “esigenze di salute pubblica” cui non ci si poteva opporre.

Lo scenario da tabloid inglese

Il ministro della Salute britannico, Matt Hancock, è riuscito a gestire con calma la crisi del coronavirus fino a un paio di giorni fa quando i contagi europei sono aumentati: ora la calma non c’è più. Gli inglesi hanno appena finito una pausa scolastica di due settimane e molti sono venuti in vacanza in Italia (molti a sciare, nel nostro ora temutissimo nord), e così i presidi, senza che ci sia una direttiva unitaria, dicono: chi è stato in Italia stia a casa. Alcuni lo fanno, alcuni no, e nel caos dell’iniziativa personale si moltiplicano le voci: lo so che sei stato in Italia, ho visto le foto su Instagram. Il clima del sospetto, nel Regno che con il continente ha un rapporto sospettoso da sempre, sta diventando panico, anche se le televisioni ripetono che il peggior danno collaterale delle epidemie è, appunto, il panico. Il tabloid Sun ha pubblicato ieri un documento interno del governo che traccia gli scenari dell’impatto del virus sul Regno. “Lo scenario ragionevolmente peggiore” conclude che l’80 per cento degli inglesi – cioè 50 milioni di persone – potrebbe prendere il virus, e applicando le statistiche ci sarebbero 500 mila morti. Messa così, l’epidemia non ha più l’aria di una semplice influenza. Per non essere accusato di incitazione al panico, il Sun ha messo il memo a pagina nove – comunque non si è parlato d’altro.

  

  

Interferenze

Il Regno Unito teme più il panico che il virus, gli Stati Uniti fanno i conti con le interferenze. Un elenco di complottismi

Il presidente americano Donald Trump dice che i media non fanno che aumentare la paura, al Congresso si discute dell’abilità dell’Amministrazione di minimizzare con conseguenze deleterie sulla prevenzione e sulla precauzione, i media trumpiani dicono che il coronavirus è un’invenzione antitrumpiana, non avendo armi politiche gli oppositori usano un’influenza. Sui media conservatori va molto forte una teoria del complotto ampiamente smentita dagli scienziati: il virus è stato creato da un laboratorio cinese, ed è poi sfuggito di mano. Ma sui complottismi e la disinformazione il primato è sempre – sempre – russo. Un elenco dei complottismi: il virus è stato creato dagli americani e sparso in Cina per vincere così la battaglia economico-commerciale; Bill Gates e George Soros (immancabile Soros) sono responsabili dell’epidemia; non c’è unanimità, come ha raccontato Foreign Policy, invece su chi avesse previsto tutto: Nostradamus, il mistico bulgaro Baba Vanga, o forse Stephen Hawking. Il riferimento storico è il virus dell’Hiv: negli anni Ottanta, il Kgb iniziò una campagna dal nome in codice “Operation Infektion” che rappresentava l’Hiv come un arma biologica americana, un esperimento finito male.

 

L’identikit del “wannabe Merkel”

“Bianco, sposato, cattolico, tre figli, del Nord Reno-Vestfalia, studi in legge e passione per la musica”. L’identikit del wannabe Merkel

Il 25 aprile, al congresso straordinario a Berlino della Cdu tedesca, sarà nominato il sostituto di Annegret Kramp-Karrenbauer alla guida del partito. L’unica certezza è che sarà un uomo (non ci sono candidate). Il favorito Friedrich Merz continua ad avere un notevole sostegno, ma potrebbe avere un’ennesima delusione: Merz tenta di insidiare Angela Merkel dal 2001, senza successo. L’antidoto a Merz in questo caso potrebbe essere Armin Laschet, il governatore della regione del Nord Reno-Vestfalia, gran sostenitore della Merkel. Da solo Laschet sarebbe soltanto il candidato della continuità, cosa non necessariamente vincente, visti i risultati deludenti della Cdu nelle urne (anche ad Amburgo, domenica, i cristianodemocratici hanno registrato un calo consistente). La forza di Laschet è che come vice avrebbe il giovane ribelle Jens Spahn, ministro della Salute antimerkeliano che da tempo cerca di creare una fronda contro la cancelliera. Il ticket permetterebbe di unire le due anime della Cdu e di riportarle al dialogo: questa sarebbe una grande novità non soltanto nel dibattito tedesco, ma anche in quello europeo dove molti partiti, a destra e a sinistra, faticano a ritrovare un dialogo interno che porti – perché poi questo è sempre l’obiettivo – a un allargamento del consenso elettorale. Intanto per conoscere i tre candidati – c’è anche Norbert Röttgen, capo della commissione Esteri del Bundestag – bisogna leggere il ritratto scritto da Matthew Karnitschnig su Politico. L’identikit del prossimo leader del centrodestra tedesco è questo: “Bianco, sposato, cattolico, tre figli, del Nord Reno-Westfalia, studi in legge e passione per la musica”.

Signal è diventato un cigno

Signal ha sempre avuto una cattiva reputazione: è il sistema di messaggistica di chi ha qualcosa da nascondere. Lo avrete notato anche voi: se compare l’alert di Signal sullo schermo dello smartphone, gli altri distolgono lo sguardo imbarazzati. Se c’è un’inchiesta giudiziaria, il colpevole è sempre quello che usa Signal (se è donna poi, è condanna assicurata, anche se evidentemente non lo utilizza da sola). Ora invece la Commissione europea ha trasformato in cigno il brutto anatroccolo: vietato usare WhatsApp, per le discussioni importanti lo standard è Signal. WhatsApp non è stato citato esplicitamente, ma il senso era chiaro: su WhatsApp è stato intercettato persino Jeff Bezos, dai sauditi poi. C’è qualcuno che può stare al sicuro? No. Non si sa se questo cambiamento sia dovuto alla sfiducia nei confronti di Facebook, che ha la proprietà di WhatsApp, o alla manifesta incapacità di WhatsApp di non farsi intercettare, ma Signal ha l’approvazione anche di svelatori di segreti professionisti, come Edward Snowden. Il sistema di crittografia di Signal funziona ed è un sistema open source, le eventuali falle si possono individuare con più facilità. Così ora Signal non sarà più motivo di imbarazzo: noi che siamo delle grandi fan di Signal e abbiamo sostenuto gli sguardi inquisitori con fermezza ora possiamo brindare. Ai nostri segreti, e ai vostri.

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