Perché ridurre l'orario di apertura dei supermercati è un grave errore

Fabio Sabatini

File più lunghe, negozi online sempre più congestionati, aumento dei rischi per i più vulnerabili e delle difficoltà per le categorie produttive. Gli orari della grande distribuzione andrebbero prolungati anziché ridotti

Troppa gente al supermercato? A quanto pare il governo progetta di ridurne l'orario di apertura. Il risultato sembra scontato: più gente al supermercato, file più lunghe, maggior tempo in strada, potenziale moltiplicazione delle interazioni sociali, stress alle stelle, negozi online sempre più congestionati e accessibili solo in ore improbabili e a chi naviga con fibra, con ulteriore inasprimento dei disagi delle fasce più deboli della popolazione.

 

Sarebbe un errore grossolano, che aumenterebbe i rischi per le categorie più vulnerabili e creerebbe difficoltà insormontabili alle categorie produttive. Anziani, pazienti cronici e immunodepressi avrebbero maggiore probabilità di trovarsi in coda con i più giovani, che con le eventuali nuove restrizioni perderebbero la possibilità di fare la spesa nelle ore meno frequentate. Si moltiplicherebbero le occasioni di contagio, nonché l’ansia e la preoccupazione dei consumatori di ogni età.

 

L’effetto psicologico sarebbe particolarmente deleterio, perché la chiusura instillerebbe il dubbio che le catene produttive siano vicine all’interruzione e i prodotti di prima necessità prossimi alla scarsità. Potrebbe derivarne una nuova corsa all’accaparramento, che è proprio ciò che si dovrebbe evitare.

 

Chi deve recarsi comunque al lavoro, o è tenuto a lavorare in smart working, non può permettersi di affrontare lunghe code in ore diurne. Con i supermercati online già congestionati da settimane, diventerebbe molto difficile per i lavoratori procurarsi gli approvvigionamenti essenziali. Si pensi per esempio al personale ospedaliero, in prima linea nel contrasto all’epidemia, o agli operai che permettono alle catene produttive di non interrompersi salvaguardando il nostro tenore di vita pur nell’emergenza e nell’isolamento. Chi farà la spesa per loro?

 

Senza contare che la pressione dal lato della domanda in assenza, per ora, di un vero e proprio shock dell’offerta (le catene produttive sono ancora integre, seppure non senza difficoltà) rischia di far salire senza motivo il prezzo di alcuni generi alimentari.

 

Le rivendicazioni dei lavoratori della grande distribuzione sono sacrosante. Commessi, magazzinieri e fattorini hanno paura e sono sottoposti a turni spesso massacranti. Ridurre l’orario di apertura però non è la soluzione. Anziché offrire sussidi a pioggia, sarebbe opportuno concentrarne una parte sulla grande distribuzione. Bisogna incentivare l’assunzione di manodopera appartenente alle categorie meno vulnerabili, sotto i 60 anni e in grado di isolarsi temporaneamente da eventuali parenti a rischio, per consentire turni più sostenibili che preservino sia la salute fisica e mentale dei lavoratori sia l’efficienza del servizio (che è a sua volta determinante per la salute fisica e mentale dei consumatori).

 

Qualsiasi misura di supporto alla grande distribuzione dovrebbe tenere conto della necessità di preservare senza condizioni la posizione e le prerogative della forza lavoro già esistente. Bisogna evitare che le aziende ne approfittino per sostituire i propri dipendenti con altri meno esigenti e più flessibili. È necessario tutelare i diritti di commessi, magazzinieri e rider che sono già molto provati e stanno svolgendo un servizio essenziale per il benessere della collettività. L’ultima cosa che vogliamo adesso è generare nuovi precari e indebolire deliberatamente la posizione di quelli esistenti.

 

Gli incentivi dovrebbero insomma aiutare a prolungare gli orari di apertura anziché ridurli, creando, se possibile, lavoro anziché distruggerlo. Con una grande distribuzione opportunamente potenziata sarebbe più semplice anche stabilire degli orari riservati agli acquisti da parte delle fasce più vulnerabili dei consumatori. Consumatori e lavoratori, inoltre, devono poter utilizzare servizi pubblici adeguati. Non si può andare al lavoro se la metropolitana è chiusa e gli autobus non passano, né tutti i clienti hanno la fortuna di disporre di un supermercato sotto casa. Il commercio online deve essere parimenti supportato, con molta attenzione al rispetto delle norme di “contactless delivery”. Ciò significa intervenire non solo sul lato dell’offerta (le aziende), ma anche della domanda (i consumatori). L’emergenza di questi giorni esaspera la separazione tra chi ha la banda larga e chi ha naviga con connessioni lente.

 

Ogni giorno a mezzanotte – quando nei supermercati online si liberano gli slot per la consegna dei prodotti nei giorni successivi - si verifica una “tempesta di click”: i consumatori, dopo aver stipato i loro carrelli elettronici all’inverosimile, tentano di completare gli acquisti. E i siti dei supermercati vanno regolarmente giù, salvo riemergere dopo circa quindici minuti, quando gli slot per la consegna sono già tutti esauriti. Gli sfortunati che non sono riusciti a completare l’acquisto dovranno attendere il giorno successivo, o perdere due ore di lavoro per fare la coda al supermercato, coi costi sociali che possiamo immaginare. Chi è che riesce a fare la spesa in quei fatidici quindici minuti? Nella maggior parte dei casi, coloro che hanno avuto la possibilità di installare una banda larga, magari in fibra, a casa.

  

Anziché distribuire aiuti a pioggia – di cui beneficiano, tra gli altri, tutti i lavoratori autonomi senza distinguere tra chi anche nell’emergenza può preservare il proprio reddito (per esempio lavorando a distanza) e chi no – sarebbe bene allocare le risorse (che sono tutt'altro che illimitate) su settori che avranno un ruolo strategico nel superamento della crisi. Sanità e assistenza ovviamente, ma anche grande distribuzione (offline e online) e rete veloce. Viviamo in una fase molto delicata in cui ogni mossa falsa rischia di avere serie ricadute di lungo periodo. Non possiamo permetterci errori grossolani che si potrebbero evitare facilmente.

 


  

NO ALLA CHIUSURA DI SUPERMERCATI E NEGOZI! Su Change.org Paolo Manasse ha lanciato una petizione diretta al governo e al presidente del Consiglio contro la chiusura di supermercati e negozi.

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