Humphrey Bogart e Lauren Bacall ne "Il grande sonno"

Mani sporche. Di giallo

Mariarosa Mancuso

Basta coi detective più noiosi dei filologi e che non apprezzano il lusso. Viva il Marlowe del “Grande sonno”

Il romanzo giallo è faccenda da filologi. Sappiatelo, voi che in ogni angolo d’Italia avete sguinzagliato detective e poliziotti, ora anche femmine (sempre separati e tristi, ma uno come Nero Wolfe che coltiva orchidee e mangia pranzi e cene del cuoco svizzero Fritz proprio non attirava?). E i filologi son quasi come i complottisti, gente che in tempi grami andrebbe evitata, più quanto stiamo già evitando il nostro prossimo.

 

Sentite come Giorgio Manganelli – nella parte dedicata al romanzo poliziesco del gustoso e sensualissimo “Concupiscenza letteraria” (Adelphi) – descrive il filologo annidato dentro di noi: “Il nostro amore per le cose trascurabili che consideriamo piene di senso; l’idea, solenne e puerile, che l’universo sia colmo di frammenti di significato che l’occhio esercitato ricostruisce su esilissimi indizi”. La prossima volte che avremo voglia di leggere un romanzo di Agatha Christie – che pure una sua vena sperimentale l’aveva, infrangendo il patto con il lettore che impone di non celare informazioni – lo faremo con prudenza e mani ben lavate, seduti sulla poltrona senza troppo sbracare.

 

Come del resto si conviene a storie che quasi sempre prevedono un maggiordomo, una villa, un paesello o una famiglia nido di vipere dove però ci si cambia per la cena. Vedere per credere l’anacronistico film di Rian Johnson “Cena con delitto”: ritorno in grande stile ai “delitti nel vicariato”. Così parlò il poeta Wystan Hugh Auden: invitava i giallisti a sporcarsi un po’ le mani, smettendola di trafficare con cadaveri troppo educati per lasciare macchie di sangue sul tappeto.

 

Il poeta di “La verità, vi prego, sull’amore” (è la poesia di “Quattro matrimoni e un funerale”) fu accontentato. Anche al di sopra delle sue aspettative. Per esempio da Raymond Chandler, che nel 1939 scrisse “Il grande sonno”. Un detective di nome Marlowe che si veste elegante per andare a trovare quattro milioni di dollari: “Un completo azzurro polvere, una camicia blu scura come la cravatta e il fazzoletto da taschino, brogues nere, e calzini di lana neri anche loro, ma con motivo a orologi blu scuro” (citiamo dalla nuova traduzione di Gianni Pannofino per Adelphi, le altre erano invecchiate male, colpa del gergo). I quattro milioni di dollari si manifestano sotto forma di bionda. Ventenne, elegantissima, impertinente, guarda Marlowe, e il dialogo va così: “Alto, eh”, dice lei. Risposta: “Non è colpa mia”.

 

Non sono lì per far conversazione. La bionda sfodera altri talenti: “Ha abbassato le ciglia fin quasi a sfiorare le guance, per poi risollevarle lentamente, come un sipario a teatro. Era un trucchetto che avrei imparato a conoscere bene. Nei suoi calcoli, mi sarei dovuto stendere a pancia in su e con le zampe in aria”. E’ un peccato che la quarantena vi impedisca di vedere la copertina panoramica: il libro aperto e tenuto a rovescio mostra cinema, macchine e luci al neon (in bianco e nero, ovvio). Ma anche a leggerlo in ebook, “a pancia in su e con le zampe in aria” rischia di finire il lettore, sedotto da tanta bravura.

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