La fiction riesce sempre meglio della realtà (ed Elisabetta non fa eccezione)

Mariarosa Mancuso

Guardate “The Crown” per salire a corte stando chiusi in casa

Regia di Stephen Frears. Sceneggiatura di Peter Morgan. La regina Elisabetta era così perfetta nel suo discorso alla nazione che sembrava una scena da film, con l’attrice Helen Mirren a indossare i suoi panni: abito verde, spilla, tre giri di perle a far pendant con gli orecchini. La fiction riesce sempre meglio della realtà (non è certo questo il momento per controbattere scandalizzati prendendo le difese della realtà; se in possesso di buoni argomenti ripassate quando la quarantena sarà finita, grazie). 

 

 

Filo di rossetto e capelli in ordine. Escludiamo che si sia fatta la piega da sola, quindi doveva essere il seguito di “The Queen”, film diretto da Stephen Frears e scritto da Peter Morgan, anche inventore e showrunner per le tre stagioni di “The Crown” già su Netflix (suggeriamo come trailer per l’ultima stagione che verrà il discorso di ieri). Helen Mirren si era allenata per il ruolo regale girando il film – ancora ricorda quando andò a fare le prove guardaroba, e vide con terrore le punitive gonne a pieghe, i completi da parata con cappello coordinato, le borsette sempre uguali fornite dalla ditta Launer. Perfezionamento a teatro con “The Audience”, anche questo scritto da Peter Morgan: gli incontri settimanali della regina con i suoi molti primi ministri. Il dramma è stato aggiornato fino a Theresa May, la prossima versione dovrà trovare un posticino per Boris Johnson (che ha lasciato la sovrana – 94 anni il 21 aprile – a cavarsela da sola).

 

“The Crown” va visto, se ancora vi manca. Il primo episodio della terza stagione (per dirne uno) racconta tra altre vicende di Anthony Blunt, la spia del Kgb che dal 1952 curava le collezioni d’arte della regina (fu smascherato nel 1979). Se già sulla serie avete messo la spunta, in ebook c’è “La sovrana lettrice” di Alan Bennett, che regala a Elisabetta una storia di “concupiscenza libraria” (rubiamo il titolo a Giorgio Manganelli, da un altro libro Adelphi). La regina esce in cortile a richiamare gli amati corgi che fanno baccano, e si imbatte nel furgoncino della biblioteca circolante. Per cortesia prende un libro a prestito, non farlo le sembra brutto.

 

“La sovrana leggeva, ma la passione per i libri la lasciava agli altri”, scrive Bennett con competenza britannica per la vita di corte. Scegliere un titolo è difficile, una regina non può mostrare preferenze (Elisabetta lo ribadisce al laburista, e nemico della monarchia, Harold Wilson, sempre in “The Crown”). Le viene in mente una scrittrice con la crocchia in testa nominata Dama di corte, una certa Ivy Compton-Burnett, ma si trova in difficoltà con le storie tutte dialoghi. Va meglio con “Amore in climi freddi” di Nancy Mitford. Sarà subito vizio, senza rinunciare alle prerogative del rango. A Henry James vorrebbe dire “Sbrigati!”. Jane Austen le risulta un po’ difficile, per poca conoscenza delle (altre) classi sociali. Prende a prestito “Io e Tulip” – per via del cane soprattutto, lo consiglia il cuoco che legge solo scrittori gay – e scopre che le guardie reali si concedono “a un prezzo davvero ragionevole”.