L'attivista per il clima svedese Greta Thunberg ad Amburgo per il Friday for Future (LaPresse)

L'ecologismo, una religione occidentale

Giulio Meotti

Non solo Greta. Ci sono santoni, diavoli ed eretici, giorni sacri e tabù alimentari, torve profezie e un’idea di salvezza. L’ambientalismo ora ha tutto per funzionare come la fede del Terzo millennio

“L’ambientalismo è la religione degli atei urbanizzati”, ha detto lo scrittore Michael Crichton. “Il cibo biologico è la sua comunione”

La preoccupazione e la cura dell’ambiente sono ormai universali (almeno in occidente): ci hanno messo in casa una infinita varietà di cestini per riciclare, siamo invitati a non abusare dell’aria condizionata (abbassate però quei trenta gradi negli edifici pubblici d’inverno), facciamo del nostro meglio, e qualche sfida che sembrava insormontabile l’abbiamo già vinta. Il buco dell’ozono, l’angoscia del decennio precedente, si sta restringendo. Dal 1990, c’è stata una riduzione del 90 per cento delle emissioni automobilistiche (e una riduzione del 99 per cento dal 1960), anche se l’auto rimane il nemico pubblico numero uno. Intanto, un miliardo di persone è uscito dalla povertà assoluta, l’aspettativa di vita è aumentata, la guerra è più rara, molte malattie gravi sono state sradicate, il cibo è abbondante, la Nasa ci dice che la terra è più verde oggi di vent’anni fa, la popolazione mondiale si stabilizzerà a metà del secolo per poi scendere, e considerando la mortalità infantile, il reddito medio mondiale e la disponibilità di risorse, lo stato di salute dell’umanità e del mondo non è mai stato migliore, e persino in via di costante miglioramento. Eppure, una nuova religione del pessimismo si profila all’orizzonte e macina fedeli.

  

In Islanda, alla presenza del primo ministro, hanno appena celebrato il funerale di un ghiacciaio

Era il 15 settembre 2003 quando lo scrittore Michael Crichton tenne un discorso al Commonwealth Club di San Francisco. Titolo: “L’ambientalismo è una religione”. “Oggi, una delle religioni più potenti del mondo occidentale è l’ambientalismo. E’ la religione  degli atei urbanizzati. C’è un Eden iniziale, un paradiso, uno stato di grazia e unità con la natura, c’è la caduta dalla grazia in uno stato di inquinamento risultato dell’aver mangiato dall’albero della conoscenza e c’è un giorno del giudizio che verrà per tutti noi. Siamo tutti peccatori di energia, destinati a morire, a meno che non cerchiamo la salvezza, che ora si chiama ‘sostenibilità’. La sostenibilità è la salvezza nella chiesa dell’ambiente. Proprio come il cibo biologico è la sua comunione”.

 

Crichton voleva parodiare la trasformazione dell’ecologismo in una chiesa. Come il suo gran sacerdote David Brower, il fondatore dei Friends of the Earth, che ha scritto: “I sei giorni della Genesi sono un’immagine per rappresentare ciò che è accaduto in quattro miliardi di anni. Il nostro pianeta è nato lunedì. Da martedì a mercoledì, fino a mezzogiorno, si è formata la terra. La vita inizia mercoledì e si sviluppa in tutta la sua bellezza per i successivi quattro giorni. Domenica alle quattro del pomeriggio compaiono i rettili. Alle nove di sera, le sequoie spuntano dal terreno. Un quarantesimo di secondo prima di mezzanotte inizia la rivoluzione industriale. Adesso è mezzanotte e siamo circondati da persone che credono che quello che hanno fatto possa continuare indefinitamente”.

 

Il Nobel Ivan Giaver paragona l’ecologismo a una “chiesa”. Per Bruckner, sorge sulle “macerie di un mondo miscredente”

Sei giorni, sei gradi alla dannazione. Un grado in più: gran parte delle barriere coralline e dei ghiacciai scomparsi. Due gradi: l’arcipelago di Tuvalu, nell’oceano Pacifico, completamente sommerso. Tre gradi: la foresta amazzonica distrutta da incendi e siccità. Quattro gradi: il livello degli oceani si innalza al punto di distruggere paesi come il Bangladesh e sommergere città come Venezia. Cinque gradi: milioni di persone costrette a lasciare le aree in cui vivono, scatenando possibili conflitti per il controllo delle ultime risorse presenti sul pianeta. Con sei gradi in più, quasi tutte le forme di vita (compresa quella umana) scompaiono.

 

Benvenuti in un mondo più caldo di sei gradi. E per prefigurarlo si coniano nuovi termini ricolmi di panico, come “insectopocalypse”. Michael Crichton fece quella denuncia quando ancora un certo estremismo ecologista doveva sfoderare tutto il proprio millenarismo e sembrava ancora soltanto un’industria di gruppi di interesse, lobbisti, periti e burocrati. Adesso il clima è una fede insindacabile.

 

Le multinazionali e i governi dei paesi ricchi da una parte, dall’altra i popoli del sud e le ong che li difendono, i nuovi missionari

Nei giorni scorsi, in Islanda, gli ecologisti hanno celebrato un funerale a un ghiacciaio.  Una vera e propria cerimonia paganeggiante nel terreno arido ma un tempo coperto dal ghiaccio dell’Okjökull. C’erano anche il primo ministro islandese, Katrín Jakobsdóttir, e l’ex commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Mary Robinson. E’ stata apposta una targa che reca la scritta “Una lettera al futuro”. Pochi giorni prima, alla Cattedrale anglicana di Liverpool (la più grande d’Inghilterra) è arrivato un modello di Gaia, installato al centro della navata principale.

 

Ivar Giaever, vincitore del premio Nobel per la Fisica, teme che questa ortodossia sui cambiamenti climatici sia diventata una “nuova religione”: “Non se ne può discutere, è una verità incontrovertibile, è una chiesa”. Greta Thunberg, la giovanissima santona di questa religione, è appena arrivata a New York, “uno dei tanti eventi recenti che illustrano quanto rapidamente l’ambientalismo moderno stia degenerando in un culto millenaristico”, scrive Niall Ferguson sul Times. Questi accusatori gnostici del progresso stanno scagliando i loro esorcismi verdi. “L’ambiente è la nuova religione laica che s’innalza, almeno in Europa, sulle macerie di un mondo miscredente, una religione che a sua volta andrebbe sottoposta a critica, per stanare questa malattia infantile che la corrode e la scredita: il catastrofismo”, spiega Pascal Bruckner.

 

Per il marxismo, il nemico era il borghese. Per il Terzo mondo, era l’occidente. Per l’ecologismo è l’uomo: un nuovo peccato originale

L’atteggiamento allarmista degli ambientalisti assomiglia molto a quello delle sette millenariste che aspettavano la fine del mondo o la seconda venuta del Messia. Alcune di esse erano convinte che Cristo sarebbe tornato esattamente il 22 ottobre 1844; e quando gli eventi estremamente improbabili da loro profetizzati non si verificavano, semplicemente ne spostavano in avanti la data. Intanto, l’ecologismo è diventato il nuovo “marcatore” delle società europee. Ne parla al Figaro di questa settimana Jérôme Fourquet dell’istituto Ifop e massimo studioso di opinione pubblica francese. “Greta Thunberg è una figura profetica, una sorta di ibrido tra Giovanna d’Arco e Bernadette Soubirous (quella delle visioni di Lourdes, ndr)”, dice Fourquet. “Come loro, è una novizia, nata dal popolo, che niente aveva destinato a questo, ma che all’improvviso ha ricevuto una rivelazione che ora deve annunciare ai potenti di questo mondo e all’opinione pubblica”. L’ecologismo in Francia ha già scalzato il cattolicesimo come segno della società. “Stiamo assistendo alla nascita di una nuova matrice, laica e non più religiosa, attorno all’ecologia. L’ecologismo funziona sociologicamente e culturalmente come in passato la matrice cattolica. Esistono somiglianze sorprendenti nei termini e nei riferimenti utilizzati. Stiamo parlando anche di ‘santuari’ della biodiversità. C’è un’ecologia ricorrente di annunci apocalittici: questo è l’effetto delle immagini terrificanti dei roghi in Amazzonia”. E sull’Amazzonia a ottobre si tiene il sinodo in Vaticano. Non mancheranno flirt con il panteismo ecologista.

 

Da qui una visione binaria del mondo, che oppone il Bene al Male: da un lato le multinazionali e i governi dei paesi ricchi, dall’altro i popoli del sud, nonché le ong che li difendono, i nuovi missionari del nostro tempo. Per ripristinare la creazione, l’occidente deve essere svezzato! “Africa, contribuisci al nostro sviluppo mentale”, scrive sul Monde Hervé Kempf. “Africa, aiuta l’Europa a intraprendere una nuova storia. L’Africa può insegnare all’occidente ad abituarsi alla frugalità”. Spiega Harald Welzer, autore di “Climate Wars: Why People Will Be Killed in the 21st Century” (uno dei tanti manifesti green che incitano all’isteria), che “il modello capitalista si autodistruggerà” e “l’èra del consumo finirà” grazie ai numerosi flagelli climatici che si abbattono su di noi. Si odono echi cristiano-dolciniani.

 

I verdi con la loro mistica della decrescita si vedono come i vettori ideologici di una nuova austerity, dettata non più dai mercati finanziari ma dalla salute del pianeta. Sul Nouveau Magazine Littéraire di luglio, il filosofo Fabrice Flipo si chiede se l’ecologismo non sia diventato una “nuova religione” che invita l’occidente a una nuova astinenza. Ci viene chiesto di fare tante cose per pentirci.

 

Per il marxismo, il nemico era il borghese. Per il Terzo mondo era l’occidente, il grande predatore della storia. Per l’ecologismo religioso è l’uomo il grande colpevole, l’equivalente del peccato originale. L’ambientalismo radicale non vuole, come il marxismo, promettere il paradiso in terra o, come il cristianesimo, prepararci al paradiso dopo la morte. Si limita a denunciare l’inferno delle nostre società, ad abbracciarne la regressione volontaria, a idolatrare la privazione, ad affondare nella religione del terrore, a sospettare che tutta l’innovazione tecnologica sia oscurantismo puro e semplice.

 

“Il consumismo è la più grande arma di distruzione di massa pensata dal genere umano” (Mathis Wackernagel)

Ci viene chiesto di smettere di fare figli, di farne al massimo uno, guai se sono due. Un deputato francese, Yves Cochet, ha proposto, insieme a uno “sciopero della pancia”, di penalizzare le coppie che mettono al mondo un terzo figlio, perché un bebè, in termini di inquinamento, equivale a 620 voli andata-ritorno Parigi-New York. La religione green è post-umana e anti-specista, il peccato commesso da chi fa una distinzione morale tra persone e altri animali, sottintendendo che questa abitudine discriminatoria è simile al razzismo e al sessismo (il termine ha attecchito grazie a Peter Singer). Ha spiegato il sociologo francese Jean-Pierre Le Goff che “questa eco-ideologia rafforza la visione nera e penitenziale della storia occidentale, che è responsabile di tutti i mali ecologici”. In contrapposizione a questa visione nera c’è “l’utopia di un’umanità riconciliata con se stessa e naturalizzata: la salvaguardia del pianeta diventa il nuovo principio unificante di un mondo fraterno e pacificato che ignorerebbe i confini, le differenze tra nazioni e civiltà, metterebbe fine alle contraddizioni e ai conflitti”. Una religione che ha anche i propri catechismi da mandare a memoria. Dopo l’adorazione della dea ragione, quella della dea madre. “L’ecologia presenta le caratteristiche di una nuova ‘religione laica’ che si pone come una spiegazione globale del mondo e che detiene le chiavi della storia umana e della salvezza” spiega ancora Le Goff. “In una forma più morbida e igienizzata, partecipa a nuove forme di spiritualità che si sono diffuse in società democratiche decristianizzate e in crisi di identità”.

 

L’appello ecologista è ormai quasi sempre accompagnato da un riferimento a un “divino” naturale che, rimpiazzando l’eredità ebraica e cristiana, ravviva un “paganesimo rivisitato alla luce dell’ecologia”. Questo cocktail religioso si è diffuso senza problemi nelle società occidentali in un contesto di deculturazione storica. “L’ambientalismo offre un resoconto alternativo della religione” spiega John Kay, uno dei maggiori economisti inglesi. “All’ambientalismo all’inizio mancava un mito persuasivo dell’Apocalisse. La litania del degrado ambientale ha dovuto affrontare il fatto evidente che molti aspetti dell’ambiente stavano costantemente migliorando, come l’aria, più pulita, i fiumi, le spiagge. La scoperta del riscaldamento globale ha colmato una lacuna”. Kay sostiene che gli evangelisti green non sono interessati a soluzioni pragmatiche al cambiamento climatico. Sono contrari a tutto, al carbone, al gas naturale, al gas di scisto, all’etanolo, alle dighe, ai camion, al Tgv, alla macchina, all’aereo. “I mulini a vento e andare in bicicletta al lavoro sono insignificanti come conseguenze pratiche, ma ogni ideologia ha bisogno di rituali che dimostrino l’impegno dei seguaci”.

 

L’ecologismo sta edificando un vero e proprio culto: ha i propri giorni santi (la Giornata della Terra), i propri tabù alimentari (veganesimo e campagne per ridurre il consumo di carne di mucca, come in Germania), i propri templi (le università occidentali) e un proprio proselitismo (gli scettici sono trattati da eretici e peccatori malvagi). Per dirla con il canadese Mark Steyn, “l’ambientalismo non ha bisogno del sostegno della chiesa anglicana perché è esso stesso una chiesa”.

 

Si rivisita anche la cristiana “tentazione” nell’idea green di “negawatt”, che consiste nel non usare energia diminuendo così la nostra razione giornaliera di watt (Amory Lovins). Gli ambientalisti hanno trasformato la scienza in una verità evangelica, che può essere usata per correggere il comportamento peccaminoso dell’uomo. La presunta onnipotenza dell’uomo trascritta nel termine stesso di “Antropocene” risponderebbe alla feroce resistenza del pianeta-martire che si vendica. Una doxa con cui spiegare ormai tutto, dalla guerra in Darfur alla caduta dell’Impero romano.

 

Ognuno ha la propria data fissata per la fine del mondo, che chiamano “Envirogeddon” (l’Armageddon ecologica), in un “domani” infinitamente aggiornabile. Alluvione? Cambiamento climatico. Siccità? Cambiamento climatico. Niente neve? Cambiamento climatico. Troppa neve? Cambiamento climatico. Uragani? Cambiamento climatico. Mancanza di uragani? Cambiamento climatico. Cos’è questa, se non una religione? Nel Medioevo i cataclismi naturali venivano interpretati come una punizione di Dio; oggi sono imputati all’orgoglio dell’uomo. E quando finirà il mondo?

 

Per il francese Jean-Pierre Le Goff,  “è una nuova ‘religione laica’ che detiene le chiavi della storia umana e della salvezza”

Nel 1967 uscì un libro di notevole successo, “Famine 1975”, che per    quell’anno annunciava la fame di massa nel mondo. “La maggior parte delle persone che moriranno nel più grande cataclisma della storia dell’uomo sono già nate”, scrisse Paul Ehrlich (il guru della population bomb) in un saggio del 1969 intitolato “Eco-Catastrofe!”. Ehrlich predisse per il 1980 “l’estinzione di tutti i cetacei” e la trasformazione dell’Inghilterra in una landa sterile. Peter Gunter, professore della North Texas State University, annunciò nel 1970: “Entro il 1975 inizieranno le carestie in India; si diffonderanno nel 1990 per includere Pakistan, Cina e Africa. Entro il 2000, o presumibilmente prima, l’America del Sud e quella Centrale saranno in carestia…”. Harrison Brown, uno scienziato della National Academy of Sciences, pubblicò un grafico su Scientific American che esaminava le riserve di metallo e stimava che l’umanità sarebbe finita completamente a corto di rame dopo il 2000. Piombo, zinco, oro e argento sarebbero spariti prima del 1990. Nel 1982, il funzionario delle Nazioni Unite Mostafa Tolba, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, avvertì: “All’inizio del secolo, una catastrofe ambientale causerà la devastazione”. Nel 1989, Noel Brown, direttore dell’ufficio di New York del Programma ambientale delle Nazioni Unite, profetizzò: “Entro il 2000 intere nazioni potrebbero essere spazzate via dalla faccia della terra dall’innalzamento del livello del mare”. Il raffreddamento globale una volta era una preoccupazione per molti ecologisti, come il professore dell’Università della California Kenneth Watt, che avvertì che le tendenze attuali avrebbero reso il mondo “undici gradi più freddo nel 2000…”. Nel 2006, mentre promuoveva il film “An Inconvenient Truth”, Al Gore disse che all’umanità mancavano soltanto dieci anni prima di raggiungere il punto di non ritorno, suggerendolo con scene di inondazioni di Manhattan e della Florida. E’ arrivato il 2016 e abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Ora la deputata dem americana Alexandria Ocasio-Cortez, quella del New Green Deal, ci avverte: “Il mondo finirà tra dodici anni se non affronteremo i cambiamenti climatici”. Nel 2031 ci penserà qualcun altro a fissare la nuova data per la fine del mondo.

 

“E’ diventato una religione che ha soppiantato il cristianesimo” (James Lovelock, l’ideatore dell’ipotesi di Gaia)

Nel frattempo, chi osa criticare Greta, la “ragazza che vuole salvare il mondo”? I green agitano cartelli con scritto “Gli scienziati hanno parlato”, come un tempo si faceva con “Questa è la parola del Signore”. E’ stato James Lovelock, lo scienziato inglese divenuto noto per la “teoria di Gaia”, a spiegare che l’ambientalismo è mutato, da pragmatico e razionalistico si è fatto messianico e religioso. La sua storia inizia nel 1965, quando venne invitato ai Jet Propulsion Laboratories di Pasadena a condurre ricerca spaziale, in particolare studi sulla possibilità di vita sul pianeta Marte. Lovelock propose un metodo nuovo per scoprire se su un pianeta c’è vita o no: osservare l’evoluzione nella composizione chimica della sua atmosfera. Lovelock ebbe l’ispirazione di considerare il pianeta come un essere vivente. Secondo alcuni critici si trattava già di mera teleologia dai risvolti mistici e filosofici. Lovelock dice oggi dell’ambientalismo: “E’ diventato una religione, una religione che ha soppiantato il cristianesimo”. Lovelock è un appassionato di energia nucleare, il che lo ha reso impopolare fra i verdi. “Sono uno scienziato e un inventore ed è assurdo rifiutare l’energia nucleare. Tutto proviene dal lato religioso. Si sentono in colpa per aver lanciato bombe atomiche. E questo dono dato agli esseri umani – una fonte di energia sicura ed economica – viene orribilmente maltrattato. Stiamo ancora manifestando i sensi di colpa a riguardo”.

 

E’ stato scritto un libro, “Dark Green Religion”, a firma di Bron Taylor, professore di religione e natura all’Università della Florida, su pratiche molto diffuse per entrare “in comunione con la natura”. Lo scrittore verde Mark Lynas ha ammonito che Poseidone, il dio del mare, “è irritato da semplici mortali come noi. Lo abbiamo svegliato da un sonno millenario e questa volta la sua ira non conoscerà limiti”. Altri ambientalisti parlano della “vendetta di Gaia” e di parti dell’umanità spazzate via da inondazioni e uragani (mancano soltanto gli sciami di locuste). E’ un mix di ecologismo, psicoterapia e buddismo meditativo. Meglio se condito con del pauperismo di religiosa memoria, perché nella propaganda ambientalista lo scopo è trasformare il consumismo in una patologia spaventosa, “la più grande arma di distruzione di massa pensata dal genere umano” (scrive l’ ambientalista svizzero Mathis Wackernagel in “Il nostro pianeta si sta esaurendo”). Proliferano gruppi di verdi apocalittici, come gli ambientalisti più radicali del Regno Unito, “Extinction Rebellion”, battezzati addirittura dall’ex arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, che si veste da druido. C’è chi considera spacciata metà della terra e vorrebbe proteggere l’altra metà facendone un parco naturale, riedizione dell’arca di Noè. E’ “Half Earth” del fondatore della sociobiologia, il guru di Harvard Edward Wilson. Ha una proposta su come fermare l’estinzione della biosfera: mettere da parte la metà del pianeta e farne un parco naturale senza esseri umani. “Dopo tutto, è la diffusione dell’umanità che ha accelerato i tassi di estinzione”, si legge nel libro.

 

Il clima diventa lo strumento della nostra stessa espiazione. Un ambientalista negli anni Settanta, Edward Abbey, propose che la natura selvaggia dovesse essere riservata a un numero relativamente piccolo di persone, solo i soggetti fisicamente in forma e attenti all’ambiente. “The world without us”, il mondo senza di noi esseri umani, scrive Alan Weisman nel suo romanzo di successo su un pianeta che si è liberato di quel virus che è l’umanità. Lo scrittore inglese Paul Kingsnorth ha scritto “Uncivilization”, libro di culto fra gli ecologisti. Siamo entrati nella fase dell’“ecocidio”, il futuro consiste nella “decivilizzazione”. Non si perora più l’uso della tecnologia o delle risorse come al Sierra Club. Siamo allo stadio finale dell’ambientalismo, atarassia e attesa della fine, come gli gnostici catari sul Montségur. Non esistono più santuari, siamo circondati. E’ il nuovo oppio dei popoli occidentali. Dio non è morto. E’ soltanto diventato verde.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.