Giuseppe Terragni, asilo Sant'Elia a Como

Quell'asilo sul lago di Como

Michele Masneri

Insorgono gli eredi per i restauri del Sant’Elia di Giuseppe Terragni

In riva al lago di Como così caro agli americani si sta consumando una bega che non ha avuto ancora un’eco adeguata, forse perché in pericolo non c’è un ameno maniero neoclassico o una rovina rinascimentale. Trattasi infatti dell’asilo d’infanzia Sant’Elia (1934-37) opera modernissima di Giuseppe Terragni, il campione del razionalismo italiano che in vita ebbe molti avversari per l’eccessiva modernità, da Piacentini in giù (tanto che rinunciò al suo onorario per la locale casa del fascio proprio per sedare le polemiche), e da morto solo ammiratori però internazionali. L’asilo infatti è in ristrutturazione, ma l’Archivio Terragni capeggiato dal nipote Attilio denuncia l’intenzione di applicare oggi le normative su un’opera di ottant’anni or sono. Il pericolo maggiore è il rifacimento dei solai che sono sorprendentemente sottili e leggeri, quindi giudicati a rischio, ma chi ha studiato anche solo un po’ l’opera avveniristica del maestro lariano sa come e quanto questi amasse portare i materiali all’estremo: la facciata della casa del fascio è ricoperta da lastre sottilissime di marmo botticino, cioè bresciano, dove non contento applicò anche delle scanalature per l’acqua piovana spesso dovendo sostituire i singoli pezzi già in fase di costruzione. Il tetto invece, afferma Attilio Terragni che è a capo di una sottoscrizione di firme cui hanno aderito altri esperti fra cui diversi ingegneri, è un esempio di tecnica “Perret” (omonima del grande architetto francese che fu maestro di Le Corbusier) allora diffusa dai manuali e ancora oggi di fatto utilizzata, in condizioni quasi perfette. Insomma, se venisse rifatta verrebbe alterato per sempre quell’ardita leggerezza che fa dell’asilo intitolato all’altro genio comasco, il futurista Antonio Sant’Elia, un’opera che rivaleggia con quelle coeve di un Alvar Aalto o di un Mies van der Rohe.