Paese che vai, quarantena che trovi: ecco le mappe degli spostamenti in Europa
Google pubblica i report in cui analizza gli effetti delle misure restrittive sulla mobilità di 131 paesi al mondo. Attività ricreative e spostamenti di lavoro all'osso in tutta Europa. Con l'eccezione della Svezia
Si è molto parlato, in queste settimane di pandemia, di quale fosse il modello migliore per contrastare la diffusione del nuovo coronavirus. E oltre alle differenti politiche sul numero dei tamponi e i relativi test da eseguire, sin da subito uno dei primi discrimini tra i vari paesi è sembrato l’uso che si è fatto della tecnologia, in particolar modo delle possibilità di distanziamento preventivo offerte dalle piattaforme che si occupano di incrociare i dati di circolazione e movimento della popolazione, con tutte le criticità di tutela della privacy che l'utilizzo di queste applicazioni comporta.
In quest’ottica Google, ancor prima che a livello interazionale si adottassero linee guida condivise, ha deciso di elaborare una serie di dati in grado di monitorare quali sono stati gli effetti sugli spostamenti delle persone causati dalle misure di lockdown introdotte nei diversi contesti. Lo ha fatto sfruttando la cronologia delle posizioni a cui accede tramite un consenso esplicito degli interessati. I report, che come spiega la multinazionale sono aggregati in maniera anonima per preservare la privacy, raccolgono la mobilità attorno ad alcune categorie generali: “Negozi e attività ricreative”, “generi alimentari e farmacie”, “parchi”, “stazioni di trasporto pubblico”, “luoghi di lavoro” e “abitazioni”. E monitorano tendenze in atto nell’arco di alcune settimane, in 131 paesi al mondo.
(dati riferiti all'Italia)
In Italia, stando alle analisi di Google, la mobilità si è ridotta enormemente in tutti i campi. Se nel periodo che va dalla fine di febbraio al 29 marzo c’è stata una riduzione del 63 per cento della mobilità per recarsi al lavoro rispetto alla media pre-crisi, le altre attività ne hanno risentito in maniera ancora più forte. Gli spostamenti per raggiungere bar, ristoranti, librerie e attività di grande distribuzione si sono ridotti del 94 per cento, quelli per andare al parco del 90 per cento, dell’85 per cento per recarsi in farmacia o fare la spesa al dettaglio. L’unica categoria in crescita (più 24 per cento) è, va da sé, quella riguardante la mobilità verso la propria abitazione. Un dato che Google disaggrega anche a livello regionale, ma che mostra una certa uniformità di abitudini. Segno che le misure introdotte dai vari decreti ministeriali hanno ricevuto una risposta univoca a Milano come a Tropea.
(dati riferiti alla Francia)
E’ vero che tra le limitazioni introdotte in Italia e negli altri principali paesi europei c’è stato un intervallo temporale di circa una settimana, ma le tendenze sono speculari un po’ ovunque. In Francia, ad esempio, la mobilità lavorativa, sempre nello stesso arco temporale, si è ridotta del 56 per cento, quella del commercio al dettaglio dell’88 per cento, con un incremento più lieve (più 16 per cento) per quanto riguarda gli spostamenti verso casa. Meno 87 per cento le rilevazioni da e verso le stazioni ferroviarie, della metro, dei tram e dei bus.
In Germania il calo è stato più contenuto: gli spostamenti per fare la spesa e recarsi in farmacia si sono dimezzati, così come il numero delle persone che hanno frequentato i parchi delle città tedesche. La stessa dinamica si osserva nella mobilità per ragioni lavorative, che è calata del 39 per cento, in maniera quindi molto meno marcata che in Italia e Francia.
La Spagna, il paese in cui gli effetti del coronavirus sono stati più simili all’Italia, il comportamento rilevato dall’analisi, non a caso, è praticamente una fotocopia di quello raccolto nel nostro paese. Mentre nel Regno Unito si nota una ingente riduzione degli spostamenti per attività ricreative e tempo libero (meno 85 per cento rispetto alla media pre-coronavirus), e una meno marcata tendenza a evitare la spesa al dettaglio (meno 46 per cento). Nelle stazioni di metro, treni e bus si è osservato un calo del 75 per cento di utenti.
(dati riferiti alla Svezia)
C’è però un paese in cui queste dinamiche non si osservano. In Svezia la diffusione dell’epidemia è stata affrontata osservando una serie di limitazioni molto blande, e la maggior parte delle attività commerciali è rimasta aperta secondo gli orari di routine. Se le notizie provenienti dall’estero hanno comunque provocato un allarme contenuto nei cittadini, i cui spostamenti per raggiungere bar e ristoranti si sono contratti del 24 per cento, complice forse anche l’inizio di primavera non si sono fatti spaventare dalle opzioni di socialità all’aperto: la mobilità da e verso i parchi è cresciuta di oltre il 40 per cento.
la causa negli stati uniti