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Dicono che l'emergenza ci renderà più buoni. È un pesce d'aprile?

Antonio Gurrado

I giornali italiani continuano a pubblicare articoli su quanto saremo cambiati una volta superata la pandemia in mezzo a notizie di cronaca che testimoniano l'esatto contrario

Aprile è il più crudele dei mesi, infatti inizia scherzando. Mica tanto quest’anno, a dire il vero: nella mestizia da emergenza globale, a pochi è parso il caso di fomentare la solida tradizione dei pesci d’aprile. Ad esempio a dei vigili del fuoco irlandesi, che hanno messo un’enorme mascherina sul muso del loro camion; ai gestori di un pub australiano, che hanno sparso la voce di disporre di un permesso speciale per restare aperti (ma forse ci stavano marciando); a non so quale star del K-pop che ha dichiarato di essere infetto salvo poi rivelare che si trattava di una burla del cazzo (“burla” l’ha rivelato lui; “del cazzo” lo rivelo io). Tutto qui. Google, che ogni anno non manca di celebrare la ricorrenza, oggi ha seriosamente annunciato che non è aria di scherzare. Idem i quotidiani britannici, abitualmente sublimi nell’inoculazione di una notizia assurda fra i titoli del primo aprile, hanno preferito lasciar perdere. Al contrario dei giornali italiani i quali - mentre un tizio sostiene mendacemente di aver ucciso la fidanzata perché l’aveva contagiato, un altro accoltella la moglie alla gola davanti ai figli, altri hackerano la videolezione di una scuola media per trasmettere un porno, altri ancora scatenano risse al supermercato per l’ultima mascherina - continuano seraficamente a pubblicare articoli su perché quest’emergenza ci renderà più buoni. Che mattacchioni.

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