Vandana Shiva (foto LaPresse)

Il “panzanario” di Vandana Shiva

Enrico Bucci

Chi è la pseudoscienziata che il ministro Fioramonti ha scelto come consulente in un "consiglio scientifico sullo sviluppo sostenibile"

Si è appreso ieri che il ministro Lorenzo Fioramonti avrebbe chiamato Vandana Shiva, icona globale di un certo ambientalismo cialtrone, come consulente in un "consiglio scientifico sullo sviluppo sostenibile". Il nostro paese non è nuovo ad assegnare funzioni di prestigio alla Shiva, amica di Carlo Petrini: si ricorda per esempio la consulenza a lei concessa nel 2015, in occasione dell’Expo di Milano. Malgrado si conoscano le numerosissime bugie della pseudoscienziata, che da taluni è non a caso malignamente soprannominata “Panzana Shiva”.

 

Ecco un piccolo florilegio, un “panzanario” che aiuta a inquadrare il personaggio.

 
La Shiva ha all’attivo un dottorato in filosofia. Siccome questo titolo è privo di ”allure” scientifico e siccome il termine “quantistico” esercita fascino sulle vittime di fuffe di ogni tipo, ecco che si è vantata in una celebre risposta alla rivista Nature di essere un “fisico quantistico”. Nei suoi libri ha più volte scritto frasi come “prima di diventare un’attivista, Vandana Shiva è stata uno dei fisici più importanti dell’India”.

  

Ancora: come spiegava il professor Dario Bressanini svariati anni fa, la Shiva mentì attribuendo all’introduzione del cotone Ogm Bt il suicidio di centinaia di migliaia di contadini indiani. In realtà, la crescita dei suicidi tra gli agricoltori in India è precedente all’introduzione di quella coltura Ogm. I suicidi, dovuti principalmente alle perdite di raccolti causate da fattori climatici raggiunsero l’apice quando il cotone Bt non era coltivato che marginalmente, mentre quando successivamente i campi coltivati con questo Ogm aumentarono, i suicidi diminuirono. Anche analizzando i trend delle aree più intensamente coltivate a cotone, grazie al report “Accidental deaths and suicides in india - 2010”, non emerge alcuna correlazione fra aumento del cotone Bt e suicidi. Anzi, si osserverebbe una correlazione inversa.

  

Sempre per demonizzare gli Ogm, la Shiva ed altri hanno per anni sostenuto che le piante geneticamente modificate sarebbero sterili, così che per questo motivo ad ogni nuova semina gli agricoltori sarebbero costretti ad acquistare nuovi semi dalle cattivissime industrie sementiere. Anche questa una bugia: le piante Ogm non sono più sterili di tutte le altre, tanto che gli ambientalisti temono che esse possano incrociarsi con piante spontanee invadendo l’ambiente; ma l’immagine potente dei coltivatori ridotti in catene dalla Monsanto non ha più abbandonato la sfera della comunicazione.

   

Per supportare poi le sue campagne contro il glifosate, la Shiva ha prodotto per anni grafici che correlavano l’aumentato utilizzo di glifosate a malattie renali, diabete, Alzheimer e all’immancabile autismo; naturalmente, si tratta di correlazioni spurie, buone solo ad eccitare gli animi di chi è già prevenuto.

  

La Shiva ha persino sentenziato che non è Xylella a far morire gli ulivi in Puglia, ma la “chimica” dell’homo tecnologicus, raccomandando di abbracciare gli alberi per fermare l’epidemia.

   

L’elenco potrebbe continuare, includendo le balle raccontate per screditare Norman Borlaug, Nobel e padre della rivoluzione verde – uno che il mondo lo ha sfamato davvero, e non a chiacchiere; ma è più interessante rimarcare un punto fondamentale. Come potrebbe una persona che ha mentito così tante volte essere utile come consulente presso il ministero dell’università e della ricerca scientifica? L’atto annunziato dal ministro Fioramonti, che ha aderito a suo tempo al Patto per la Scienza, potrebbe avere senso in una sola ed unica ipotesi: che Vandana Shiva, rinunciando a propagandare le sue bugie, si ravvedesse e cominciasse a mediare verso quel mondo ambientalista sensibile al suo richiamo, per recuperarlo a strade più ragionevoli e concordi con le migliori evidenze scientifiche. Concorrendo a una visione ecomodernista, consapevole dei gravi problemi ambientali e dei limiti del nostro modello di sviluppo, ma che non abbia bisogno di costruire un falso passato e dei falsi miti, i quali aggravano, non risolvono, i nostri problemi.

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