(foto LaPresse)

Rimpiango Morricone perché è impossibile non rimpiangere gli anni Sessanta e il Seicento

Camillo Langone

Il musicista sia sciolto dall’abbraccio letale con premi Oscar quali il folcloristico Tornatore: lo si accosti invece a grandi artisti eterni, Monteverdi in primis

Tanti anni fa mi piaceva poi mi venne a noia, troppo invadente e ripetitivo, sonora stampella per registi dai passi incerti. Oggi lo rimpiango perché non è possibile non rimpiangere gli anni Sessanta, il sigaro di Clint Eastwood nei film di Leone, la schiena di Florinda Bolkan in “Metti, una sera a cena”, il crescendo di Mina in “Se telefonando”. E poi perché non è possibile non rimpiangere il Seicento: Nicola Verlato, umanista e pittore, mi ha spiegato che Ennio Morricone, attraverso il suo maestro Petrassi, attingeva addirittura a Monteverdi. “La secchezza dell’orchestrazione che mette sempre in evidenza l’individualità di ogni strumento, mai ridotto a puro colore, proviene da quella musica a cui si rifaceva Petrassi nel tentativo di scrollarsi di dosso la nebbia dell’orchestrazione romantica. C’è molto Monteverdi in Morricone, c’era molto di molto antico nelle novità che Morricone portava nella musica per film”. Adesso sto ascoltando “Sì dolce è ’l tormento” (1624) e, per quello che ne può capire un cultore dei Nine Inch Nails, ciò che dice Verlato mi sembra vero. Dunque Morricone sia sciolto dall’abbraccio letale con transeunti premi Oscar quali il folcloristico Tornatore: lo si accosti invece a grandi artisti eterni, a Monteverdi in primis.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).