Matteo Salvini (foto LaPresse)

Sgonfiare Salvini

Valerio Valentini

“Le strade di Renzi e Carfagna sono destinate a incrociarsi”. Flavio Tosi disegna il nuovo “centro liberale”

Roma. A vederlo con gli occhi di Flavio Tosi, “il percorso è segnato: Matteo Renzi e Mara Carfagna sono destinati a ritrovarsi uno accanto all’altra, in un duopolio attorno a cui ricostruire, finalmente, il mondo di chi crede nei valori liberali”. Ma più che il fatalismo, a dettare l’analisi dell’ex sindaco di Verona è un pragmatismo frutto di chi la politica la mastica da sempre. “Nel tempo, è inevitabile che le strade di una parte di Forza Italia e di Italia viva s’incrocino”. E in quella congiunzione di sentieri, all’incrocio tra quelle traiettorie ci si troverà, pare, anche lui. “Io?”, sorride, fingendo una certa sorpresa di maniera Tosi. “Io dialogo da parecchio con Forza Italia, qui in Veneto e non solo. Quanto a Matteo Renzi, ci lega un rapporto di stima reciproca vecchio di anni. E’ chiaro che se si aggregasse quel mondo moderato che ripudia il sovranismo salviniano da un lato, e l’estremismo grillino dall’altro, non potrei che essere interessato dal progetto”. Significherebbe, insomma, trovare una nuova casa: “In un certo senso, sì”.

 

“Renzi e Carfagna: pari dignità”

Certo, le obiezioni non mancano. “Il vero ostacolo, al momento, per tanti moderati di Forza Italia, consiste nel fatto che, unendosi a Renzi, finirebbero col dover votare la fiducia a un governo dove, oltre a Leu, c’è dentro pure il M5s”. E se con gli esponenti della sinistra bersaniana “l’incompatibilità è politica”, coi grillini “la questione è di principio, di coscienza. Perché il M5s è il contrario della politica: non ha visione, non ha identità. E’ un groviglio di contraddizioni con cui è perfino impossibile pensare di programmare qualcosa”. E quindi, a giudizio di Tosi, che nella sua roccaforte scaligera guida il movimento Fare, “è una questione di tempi”, ma alla fine il nuovo polo moderato nascerà. “Il risultato in Umbria è l’ennesima dimostrazione della marginalità di Forza Italia all’interno di una coalizione di destra sovranista, estrema e populista. Servirebbe un rinnovamento coraggioso, da parte di Silvio Berlusconi: e invece nel suo partito preferiscono evidentemente collezionare questi magri risultati, piuttosto che porsi delle domande sul loro futuro. E anche per questo mettono nell’angolo il volto più credibile, che è proprio quello di Mara Carfagna”.

 

Alla quale, non a caso, i renziani continuano ad ammiccare. “Renzi sarà un narcisista, ma non è certo ingenuo. Ha capito che da solo non può farcela, che non può fondare il suo nuovo progetto solo e soltanto sulla sua persona. Sa che non può fare il leader autoritario, ma deve semmai svolgere il ruolo di federatore. E, nella fattispecie, deve garantire alla Carfagna pari dignità nel nuovo progetto. D’altronde, i due sono destinati ad andare d’accordo, per una condivisione di valori più che d’interessi. Su economia, fisco, giustizia, la difesa dei principi liberali, a pensano allo stesso modo”. Eppure parecchi, in Forza Italia, insistono nel dire che Renzi è di sinistra. “Lo dicono, certo, ma neppure loro ci credono. Sanno benissimo che è stato proprio Renzi ad attuare, almeno in parte, quella ‘rivoluzione liberale’ che aveva promesso Berlusconi”.

 

“Zaia salvinizzato, c’è spazio al centro”

Dopodiché, come chi ritorni a sua scienza, Tosi finisce per ricondurre il discorso sul terreno che meglio conosce: quello del Veneto. “Qui, francamente, dubito che ci saranno grandi movimenti, prima delle regionali del 2020. Anche se, obiettivamente, Luca Zaia in questi ultimi anni s’è dovuto molto salvinizzare, sposando tesi un po’ estreme nelle quali forse non crede neppure lui. Sta di fatto, che così facendo ha lasciato scoperto un grande spazio al centro: ed è lì che una offerta come quella di Renzi potrebbe mettere radici, al Nord”.

 

D’altronde Tosi, che della Liga veneta è stato uno dei capi fino a quando, nel 2015, Salvini non lo cacciò dal partito, il suo popolo lo conosce bene. “E vi garantisco che nell’elettorato leghista c’è comunque voglia di responsabilità: esiste, eccome, una componente liberale nel bacino di votanti del Carroccio che guarderebbe con favore a un nuovo soggetto moderato costruito intorno a Renzi e Carfagna. Non a caso tanti amministratori locali, compresi sindaci di centrodestra, sono in cerca di nuovi punti di riferimento e si guardano attorno, diffidando ovviamente di Salvini e sperando in qualcosa di nuovo. L’isolamento internazionale a cui la Lega ha condannato l’Italia non è certo un bene, per il Veneto. Ne risente la nostra economia, il nostro export in particolare. Certo, in questo momento non so quanto si chiaro, questo, al cittadino medio, che vede nell’Unione europea solo un nemico. D’altronde, la retorica salviniana da questo punto di vista è letale ed efficacissima nel far credere che il problema dei veneti siano le banche, l’Europa e i migranti”.

 

Come disinnescarla, questa propaganda? “Forse l’unico modo per sgonfiare il salvinismo sarebbe farlo governare davvero. Solo nel momento in cui sentissero sulla propria pelle i danni reali delle politiche del sovranismo, le persone ne comprenderebbero l’assurdità. E invece in questo Salvini è stato furbo: quando s’è trovato davanti al rischio di prendersi la responsabilità dell’agenda economica del governo, ha pensato bene di fuggire e andare all’opposizione”.