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Zaia nell'acqua alta

Redazione

Oltre il Mose. Le richieste del Veneto che Salvini non ha mai ascoltato

Col finto candore di chi s’indigna a comando, Luca Zaia ha gridato allo “scandalo nazionale”, parlando del Mose: “Ci sono cinque miliardi sott’acqua che non abbiamo ancora capito perché non siano in funzione. Si parla di quest’opera da quando andavo alle elementari”. E ha ragione, Zaia. Solo che, da quando ha completato le scuole, lui poi è anche stato ministro, vicepresidente e presidente del Veneto. Per cui, quando pretende di sapere “come sono stati spesi i soldi del Mose, e perché l’opera non sia terminata”, si ha come il dubbio che parli al se stesso riflesso nell’acqua che invade le calli di Venezia. “Stiamo ancora aspettando l’autonomia”, incalza, ricordando con sacrosanto orgoglio) come già un anno fa la sua regione dette prova di saper reagire all’alluvione che devastò le valli dolomitiche. E però Zaia evidentemente dimentica che per 14 mesi ha avuto a Roma il governo più filoleghista, autonomista e federalista della storia d’Italia. E il suo “Capitano”, Matteo Salvini, che pure ha saputo tenere a bada le riottosità grilline quando si trattava di non fare attraccare i barconi col loro carico di migranti, non ha mai voluto davvero imporsi sull’autonomia, dossier che era peraltro nelle mani operose di un ministro veneto e leghista. Certo, Zaia ha ragione a sottolineare che il Mose è un’infrastruttura nazionale, e non della sua regione. Ma basta questo, a un governatore, per sentirsi sollevato dal dovere di pretendere la realizzazione di un’infrastruttura che riguarda il proprio territorio? Sarebbe utile saperlo. Perché, sempre in quei 14 mesi gialloverdi, la Tav fra Brescia e Padova è stata tenuta in ostaggio dei ripensamenti grillini, senza che Zaia utilizzasse mai quei toni bellicosi sfoggiati davanti alla basilica di San Marco allagata. Tutta colpa di Danilo Toninelli, si dirà. E però, quando si discusse per la spartizione dei dicasteri, il Salvini che ora urla contro “l’Italia dei No” rinunciò sia al Mise sia al Mit, preferendo appendersi sulla giacca la stella da sceriffo del Viminale per raccattare consensi. Forse, la Lega avrebbe potuto avere più riguardo per Venezia e dintorni quando era al governo, e non solo limitarsi a glorificare, ora, gli ospedali veneti aperti anche di notte e nei weekend.

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