Il cantiere del Mose in un'immagine del 2014 (foto LaPresse)

Le dighe per fermare l'acqua alta dell'inaffidabilità hanno una falla: il grillismo

Claudio Cerasa

Mose, alta velocità, Gronda di Genova, Olimpiadi: i no che non aiutano a crescere. E’ ora di mettere da parte l’immobilismo della decrescita giacobina e giustizialista. Anche per non dare ragione a Salvini

A pensarci bene, dopo avere osservato come tutti in modo compulsivo le immagini ipnotiche che arrivano da Venezia, il problema vero sul quale varrebbe la pena riflettere non è tanto il modo in cui l’acqua alta è arrivata all’interno della laguna ma è il modo in cui l’acqua alta è arrivata all’interno dell’Italia. La metafora dell’acqua alta, lo sappiamo, è abusata ma da molti punti di vista bisogna riconoscere che l’Italia di oggi si trova in una condizione non troppo diversa rispetto a quella in cui si trova Venezia: un paese semplicemente meraviglioso che, proprio come Venezia, conosce bene i suoi problemi ma che per ragioni misteriose spesso è incapace di governarli. L’immagine rimasta impressa negli occhi di molti a Venezia è quella del Mose e, come ha ricordato venerdì su Twitter il nostro amico Giuseppe De Filippi, la regola del Mose negli ultimi anni è stata questa: quando non c’è l’acqua alta il Mose è per tutti o quasi uno spreco vergognoso, quando c’è l’acqua alta per tutti o quasi è assurdo che non sia in funzione. Negli ultimi giorni, in modo comico, il Movimento 5 stelle, che da anni sostiene l’inutilità del Mose – Beppe Grillo ha provato a cancellare alcuni suoi post del passato tuttavia l’archivio della rete non perdona – ha sostenuto che lo scandalo non sia la presenza del Mose ma la presenza di un non funzionamento, e ci fa piacere che anche i grillozzi ci siano arrivati. 

 

 

Ma se si prova a mettere in fila gli immobilismi che hanno fatto più scalpore negli ultimi anni in Italia non si faticherà a riconoscere che dietro a ogni episodio di immobilismo si nasconde regolarmente e scientificamente una qualche cellula legata alla cultura del no. E’ stato così per il Mose, i cui lavori sono stati per anni osteggiati e di conseguenza resi più difficili da una serie interminabile di movimenti determinati a evitare la costruzione di una grande opera inutile (nel corso degli anni sono stati presentati nove ricorsi contro il Mose, uno persino dal Wwf, e i veri ricorsi, pur essendo stati regolarmente rigettati, non hanno certo contribuito alla realizzazione dell’opera).

 

E’ stato così per l’alta velocità Torino-Lione, i cui lavori grazie al cielo non si sono fermati ma il cui iter si trova da anni costantemente minacciato dai campioni del no. E’ stato così per la Gronda e per il Terzo valico, a Genova, e un giorno forse sarebbe bene ricordare come sia stata proprio l’ideologia del no ad aver reso impossibile la costruzione di un’infrastruttura, la famosa Gronda, che avrebbe creato un’alternativa concreta al traffico di ponte Morandi. E’ stato così per le Olimpiadi e dopo aver scelto di non gareggiare per provare a portarle a Roma (grazie Virginia) i grillini hanno capito saggiamente che l’unico modo per poterle portare in Italia (Olimpiadi invernali) era togliere di mezzo i grillini (ciaone Torino, ciaone Appendino) e dare alla Lega e al Pd (e all’odiato Malagò) il compito di gareggiare per portarle nel nostro paese.

 

La lezione di questi primi due anni e mezzo di legislatura è che il problema dell’Italia non è governare con i grillini ma governare con il grillismo.
Più si tarderà a mettere da parte l’immobilismo della decrescita giacobina
e giustizialista e più si darà a Salvini la possibilità di dimostrare
che la vera diga contro i problemi dell’Italia non è quella che si trova
al governo ma è quella che si trova all’opposizione 

 

E’ stato così, per anni, anche per l’Ilva, e viene onestamente da stupirsi che qualcuno si stupisca che un movimento politico arrivato al governo anche per chiudere l’Ilva sia arrivato sul punto di considerare nel rapporto con i propri alleati, prima la Lega e poi il Pd, la chiusura dell’Ilva, o quantomeno la messa in fuga degli investitori brutti, sporchi e cattivi, come un valore semplicemente non negoziabile della propria storia di governo.

 

L’acqua alta, in Italia, arriva laddove la politica non riesce a creare le giuste dighe per difendersi dai professionisti dell’immobilismo – i quali avendo trasformato il non far nulla nell’unica forma di onestà concepita spesso rappresentano i volti più dell’incapacità che dell’onestà – e i primi due anni e mezzo di governo grillino ci dicono senza possibilità di smentita che la natura del grillismo è di per sé incompatibile con la crescita del paese, e con la sua affidabilità, per una ragione fin troppo semplice. Il grillismo, come ha imparato il presidente Giuseppe Conte sulla propria pelle nel corso della sua prima esperienza di governo, diventa compatibile con la realtà solo quando nega le sue premesse (Europa, euro, deficit, persino Mose) mentre quando sceglie di non negarle diventa uno degli ingredienti che compongono il minestrone dell’inaffidabilità del nostro paese. La lezione di questi primi due anni e mezzo di legislatura – e se vogliamo anche di questi primi tre mesi del nuovo governo – è che il problema dell’Italia non è governare con i grillini ma il problema è governare con il grillismo. E ora che a poco a poco Matteo Salvini si sta dando da fare per dimostrare che la diga costruita contro l’ondata leghista è una diga costruita sul nulla – ma come: non lo vedete che non sono contro l’euro; non lo vedete che non sono contro l’Europa; non lo vedete che non sono contro l’America; non lo vedete che la Russia non mi piace così tanto; non lo vedete che mi andrebbe bene anche Mario Draghi al Quirinale; non lo vedete che ho grande rispetto per Liliana Segre; non lo vedete che a me gli antisemiti fanno schifo; di cosa vi preoccupate, sono un lupo, ma non mangio nessuno – l’Italia di oggi, e soprattutto il suo governo, ha un problema difficile da affrontare ma impossibile da rimandare: più il governo seguirà l’agenda del grillismo e più l’Italia avrà difficoltà a costruire dighe contro l’acqua alta dell’inaffidabilità. Il governo di svolta è nato per dare maggiore affidabilità al paese. Più si tarderà a mettere da parte l’immobilismo della decrescita giacobina e giustizialista e più si darà a Salvini la possibilità di dimostrare che la vera diga contro i problemi dell’Italia non è quella che si trova al governo ma è quella che si trova all’opposizione. Occhio.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.