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L'isola che c'è

Maurizio Stefanini

Una volta i veneziani erano terrorizzati dalla terra più che dal mare. Parla lo storico Marzo Magno

Roma. “Una volta la preoccupazione dei veneziani era che la terra non si mangiasse il mare. È oggi che è prevalsa la paura opposta, che sia il mare a sommergere la terra”. Veneziano e storico di Venezia, oltre che di storia della cucina, del costume e di molte altre cose, Alessandro Marzo Magno ci invita a considerare l’attuale allarme ricordando che in passato “tutta la politica idraulica della Serenissima era volta a evitare che Venezia facesse la fine di Ravenna: un porto oggi lontano dal mare 12 chilometri”. Anche Pisa è una repubblica marinara il cui porto è finito interrato. “Sì, però il riferimento dei veneziani era Ravenna. Perché era vicina, era anch’essa sull’Adriatico, ed era stata a sua volta bizantina come lo era stata Venezia. La avevano sotto gli occhi, e per questo hanno appunto preservato la laguna, che è un ambiente assolutamente artificiale. Fosse per la natura, oggi la laguna di Venezia non dovrebbe più esistere”.

 

Come ci sono riusciti? “Deviando tutti i fiumi verso il mare, per evitare che portassero detriti in laguna. Il Piave, il Sile, il Brenta, pure quelli minori tipo il Bacchiglione. E tra il 1599 e il 1604 a colpi di badile hanno deviato perfino il Po, per fare dispetto al Papa. Hanno avanzato scuse di regime idraulico, ma la verità è che quando lo Stato pontificio tolse Ferrara agli estensi, i veneziani deviarono il corso principale del Po semplicemente per impedire che a Goro potesse essere realizzato un porto in grado di fare concorrenza a Venezia”.

 

C’era una magistratura speciale per le acque… “Sì. E’ esistita dal 1501 al 2014, anche se quando Renzi l’ha abolita era ormai cosa molto diversa rispetto a quella che funzionava ai tempi della Serenissima, e nel XIX secolo era stata anche (per un po’) soppressa. I veneziani avevano iniziato a lavorare sul regime delle acque dal Trecento in poi, e sviluppando conoscenze empiriche molto approfondite. Non teoriche, perché non esisteva l’idraulica come la conosciamo noi oggi. Non esistevano modelli matematici o studi di maree. Era tutta pratica, in cui si sbagliava molto. Ma restano ancora a Venezia due proverbi molto significativi. ‘Palo fa paluo: anche un solo palo basta a fare palude’. Significa appunto che a piantare pali si rischia di impedire il flusso delle acque, e infatti tutti i marinai e i pescatori che entravano in laguna erano obbligati a relazionare al magistrato alle acque quello che vedevano. I piloti, in particolare, le condizioni dei fondali. E i pescatori la situazione dei canneti, perché le canne crescono con l’espandersi dell’acqua dolce, che era la nemica perché portava detriti. Venezia viveva sull’acqua salata. Altro proverbio: ‘Chi sa fa e chi non sa tasa’. Appositi decreti proibivano che sui problemi delle acque potessero parlare i non tecnici”.

 

Tempi molto diversi dall’uno vale uno… “Per Venezia la laguna era all’origine della sua fortuna commerciale e allo stesso tempo era la sua difesa militare. Nessuno è mai riuscito a violare militarmente la laguna. Napoleone passò perché i veneziani non combatterono, gli austriaci nel 1849 si imposero grazie alla fame e alle epidemie”. Il morbo infuria, il pan ci manca… “Già. Venezia era uno stato liquido, che preferiva esprimere il suo dominio in termini di Adriatico piuttosto che di terra. Lo storico Egidio Ivetic ha appena pubblicato un libro sulla storia dell’Adriatico secondo il quale dall’800 in poi questa impostazione si rovescia, e il Mose è la definitiva rivincita dei campagnoli sulla Serenissima. La terra ferma si impone sul dominio marittimo”.

 

Ma una volta non c’era l’acqua alta? O la gente ci era più abituata? “La frequenza era diversa. L’ultima volta che si erano registrate tre acque alte di fila come ora era stato nell’800”. Perché? “Per una serie di fattori tra cui lo sprofondamento della terra, l’innalzamento delle acque e il mutamento dei regimi meteorologici. L’acqua alta viene quando c’è scirocco”. E il Mose serve? “Lo vedremo quando sarà in funzione. Ormai è realizzato al 93 per cento. A parte pochi forsennati, ormai anche chi era contrario pensa che a questo punto va finito”.

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