Matteo Salvini con la neogovernatrice dell'Umbria, Donatella Tesei (foto LaPresse)

La marcia su Terni però gli è venuta bene

Giuliano Ferrara

La cattiva idea di ripolarizzare su scala regionale la discussione sul trucismo

La marcia su Terni gli è venuta bene, e i pieni poteri a Perugia sono arrivati puntuali il 28 ottobre. Giusto che il senatore Salvini valorizzi la sua giornata storica nell’Umbria finalmente e davvero verde. Si candida a governare l’Italia, è alla testa di una quasi normale coalizione di centrodestra, ha buone prospettive in altre regioni fatali, ha stracciato la foto geniale di Giuseppi e dei suoi fratelli, non gli resta che mettersi un altro po’ di grisaglia, dare un senso nazionalpopolare e magari europeo alla sua coalizione, al di là della cara Turingia, ottenere la crisi di governo, il “tutti a casa” dei nemici del popolo, e il gioco è fatto. Sarà comunque una faticaccia, ma sarà valsa la pena di tanti sacrifici. Chapeau e auguri, tutto legittimo, sebbene l’appuntamento con il consenso politico elettorale possa essere ulteriormente rimandato, e proprio per effetto della campagna delle regionali.

 

Farebbero anche meglio i suoi avversari a pensarci sopra con un minimo di decenza intellettuale. Hanno dato al trasformismo benedetto, sempre meglio del conformismo ducesco e truce, una veste eccessivamente colorata, rossogialla addirittura, costituendo un governo per la storia quando sarebbe venuto meglio un monocolore di transizione grillino con appoggio esterno d’emergenza, e stop. Hanno esteso la cosa in laboratorio sperimentando l’alleanza strategica degli opposti e perdenti, e qui si esagera, come si tentò invano di ammonire. Hanno messo in piedi una lista civica con un bravo albergatore e le hanno sovrapposto una foto con Speranza, triste contraddizione facciale del bel nome di famiglia, più Zingaretti Conte Di Maio che non sono proprio un trio di primissimo ordine, e se anche gli si aggiungano a far quintetto Bettini e Franceschini le cose non cambiano.

 

Non gli è venuto in mente che esiste la gradualità, il senso del tempo politico. Che se tutti i blog e gli apparati stanno dalla loro parte, per una strana rivincita della cronaca tutte le idee stavano alla Leopolda, e Renzi aveva un impegno. Non gli è venuto in mente che era un errore ripolarizzare in campo umbro la discussione nazionale sull’ex ministro dell’Interno, ribaldo affascinante da riviera adriatica e da bosco, facendone l’alternativa secca a una coalizione molto asciutta, priva di sorgenti d’acqua e di convinzione comune. Dovevano stare alla giusta distanza, fare subito una legge elettorale proporzionale purissima, badare al governo per restituire al paese quanto gli si era tolto in un anno e mezzo di costose follie assistenzialiste, farsi venire in mente atti politici dirimenti a Bruxelles, far emergere facce e corpi nuovi sulla scena del teatrone politico nazionale, lasciare che i civici seppellissero le liste civiche senza importanza. Hanno fatto l’opposto, e il risultato si vede.

 

Può essere che gli italiani abbiano preso una cotta bestiale per il senatore Salvini. Può essere che la rovina di Catiuscia Marini, la presidente molto uscente dell’Umbria, abbia travolto la credibilità della classe dirigente locale. Può essere, ma è un pensierino che è venuto in mente all’onorevole Di Maio, e un po’ tardino, senza peraltro sfiorare il testone di Zingaretti, che ci sia una qualche riluttanza per i grillini a votare con il Pd, e viceversa. Può essere che il governo di Giuseppi e dei suoi fratelli non abbia dato segnali d’avvio altrettanto chiari dei porti barbaramente chiusi, delle baby pensioni e del reddito di pigranza. Può essere che la grande crisi sociale del ceto medio sia irrimediabile, cronica, e che una qualche forma di revuelta popular sia nelle cose, visto che l’Argentina si riaffida al peronismo, in attesa degli sviluppi in Cile. Tutto può essere. Può essere anche che se i nostri eroi si vogliano concentrare molto su un governo delle cose addirittura semicompetente, lasciando che i partiti gareggino in ambito proporzionale, ciascuno per sé e Dio per tutti, magari con qualche ideuzza o visione di medio termine, si arrivi all’elezione di un presidente gagliardo della Repubblica, e questo straccio di democrazia liberale se la cavi alle prossime, lontane elezioni politiche. Meno auspicabile correre nuove entusiasmanti avventure rossogialle, sembrerebbe.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.