Giovanni Toti e Mara Carfagna (foto LaPresse)

Mara tempora. Carfagna tentenna troppo e fa innervosire tutti

Valerio Valentini

Ieri l’incontro con Toti per un gruppo parlamentare. Renzi la cerca mentre lei sfoglia la margherita e non sa se lasciare il Cav.

Roma.Mara tempora currunt”. Pure i calembour denunciano l’insofferenza nei confronti della sua indecisione. “E’ come la tela di Penelope”, sbuffa scetticismo il deputato forzista Paolo Zangrillo, quando gli si chiede a che punto sia la costituzione del “gruppo della Carfagna”. Sembrava che l’empio inciampo di mercoledì sera al Senato, sulla mozione Segre, fosse l’alibi atteso per fare il grande passo. “E invece è stata l’ennesima goccia che non ha fatto traboccare il vaso”, sogghigna Andrea Causin, azzurro di Palazzo Madama in predicato di abbandonare la truppa, e pure lui caustico sulle reali intenzioni della vicepresidente della Camera.

 

Matteo Renzi c’ha provato in ogni modo. Ai parlamentari forzisti che sta convincendo a seguirlo in Italia viva, lo confessa: “Io a Mara gliel’ho detto: se viene ora con noi, verrebbe accolta con tutti gli onori”. Ma lei, niente. Inibita, certo, dalla persistenza dell’amicizia e della riconoscenza verso Silvio Berlusconi. E infatti ieri, quando dall’entourage del Cav. è stata diffusa una nota di dura condanna nei suoi confronti a valle della polemica sulla commissione Segre, davanti a quella velenosa allusione che tutto fosse funzionale ad alimentare il conflitto interno, la Carfagna ha scelto di non reagire. Tentenna, indugia, assorta in un amletico attendismo. Un po’ come Renzo Tramaglino in riva all’Adda, incerto se attraversare il guado, che si mette a consultar tra sé, e mille ipotesi passa al vaglio, e tutte le scarta, e alla fine s’addormenta. Lei, per carità, è sempre iperattiva: e infatti adesso vagheggia addirittura di allearsi a Giovanni Toti, che fino all’altro ieri era il suo arcinemico. “Ma non è ancora decisa sul lasciare FI”, dice il presidente della Liguria, che ieri sera è sceso a Roma per incontrarla. “La mia idea è di ricostituire il centro, ma restando nel centrodestra: rifuggendo le sirene di Italia viva e confermando l’asse di ferro con Salvini e Meloni. Vedremo se lei ci sta”.

 

I renziani ancora la corteggiano. “Ci saranno sei mesi di scosse dopodiché il quadro politico si stabilizzerà”, dice Luigi Marattin. E però se davvero ci sarà, l’esodo dei “carfagnani”, questi potrebbero ritrovarsi semmai insieme ai membri della componente totiana di “Cambiano!”, già attiva alla Camera e in fase di costituzione al Senato. “Se vorranno sposare la nostra causa, ne saremo felici”, dice Toti. Ma il parere non è unanime: e c’è infatti chi, tra i forzisti moderati di Montecitorio, a entrare nel nuovo gruppo non ci pensa nemmeno (e già prepara un incontro carbonaro all’inizio della prossima settimana).

 

Al Senato, invece, la convinzione di molti è che l’entourage del Cav. stia trattando una resa quasi incondizionata con Matteo Salvini, utile solo a garantire una manciata di seggi ai fedelissimi. E allora ecco che i senatori di antica scuola Dc, come Claudio Fazzone o Antonio Saccone, stanno pensando di rendersi autonomi per trattare in prima persona del loro destino. “E’ chiaro che nel momento in cui Berlusconi decidesse di consegnare le spoglie di FI a Salvini, io deciderei sul mio futuro”, conferma Causin. “Il problema è che dopo avere rinnovato la classe parlamentare, il Cav. non ha svecchiato i vertici del partito, dove restano sempre le stesse facce”, diceva mercoledì il senatore Massimo Mallegni in trasferta a Montecitorio. E in quel momento, vedendo passare accanto a sé Donatella Tesei, collega leghista reduce dall’apoteosi umbra, tradiva forse un moto d’invidia: “Anche lei era dei nostri. Quando decise di passare nella Lega mi disse: ‘Che resti a fare lì? Ci trattano a pesci in faccia’”. Rimpianti? “No”, assicurava Mallegni. E Renzi? “Con Renzi, mai”. Anche perché, tra gli scenari venturi, in Forza Italia non si escludono neppure i più bizzarri: “Un accordo tra Renzi e Salvini? Chissà”, riflette Gregorio Fontana. Il quale, anche in virtù di questa possibilità, scuote il capo davanti all’idea di un gruppo centrista di “carfagnani”: “Ma come? Proprio mentre Renzi potrebbe venire di qua, noi andiamo di là? Non ha senso”.