Il Festino di Baltassar, Rembrandt, 1636 (Wikipedia)

L'arte sublime di pesare a occhio è quella del boia, che non sbaglia (quasi) mai

Adriano Sofri

Dal profeta Daniele a Piero della Francesca e Edison

Solo nel XIX secolo, avvertiva Michael Baxandall scrivendo della percezione visiva nella pittura del Quattrocento, i contenitori delle merci ebbero delle misure standard. Prima di allora barili, balle, sacchi, venivano pesati uno per uno, o soppesati a occhio. “Calcolare il volume in modo rapido e preciso era una condizione essenziale negli affari”. L’occhio del mercante era esperto di forme, superfici, volumi, e quella esperienza veniva portata dall’artista nella pittura, e il pubblico era a sua volta addestrato dall’esperienza del commercio o del mercato a valutare forme e volumi con occhio clinico. Piero della Francesca in particolare aveva composto un “De abaco”, un manuale di matematica per mercanti, “e proprio questo strettissimo rapporto tra il pittore e la geometria mercantile rappresenta il punto essenziale. Le capacità che Piero usava per analizzare le forme che dipingeva erano le stesse che Piero, e qualunque commerciante, usava per misurare delle quantità. E il legame fra la misurazione e la pittura, che Piero stesso personifica, è estremamente concreto”.

 

Mi sono ricordato dell’episodio biblico di Baldassàr, ultimo re di Babilonia e del profeta Daniele: durante un festino di corte una mano compare e scrive sul muro: Mene, Tekel, Peres (Fares). Solo Daniele saprà interpretare le parole misteriose e fatali: il regno è stato calcolato ed è arrivato al termine; il re è stato pesato sulle bilance e trovato insufficiente; il regno sarà diviso fra i Medi e i Persiani. L’idea del giudizio divino come una pesatura è ricorrente, Dio detesta la bilancia infedele: e la capacità di valutare la pesatura su una bilancia a due bracci non truffaldina doveva essere comune pressoché dall’inizio dei tempi.

 

Ho appena trovato un aneddoto sui due protagonisti della “guerra delle correnti” negli anni 80 dell’Ottocento, Thomas Alva Edison e Nikola Tesla, sostenitore il primo della corrente continua, il secondo, che aveva ragione, della corrente alternata. Nel 1885 in un incontro fra Tesla, Edison, Edward H. Johnson, presidente della Compagnia Edison, e altri dirigenti, qualcuno propose di indovinare il peso rispettivo. “Tesla fu indotto a salire uno scalino di una scala. Edison indovinò che Tesla pesava 69 chili (preciso all’oncia: 28,35 grammi). Johnson confidenzialmente riferì a Tesla che Edison aveva sviluppato questa abilità di indovinare i pesi delle persone a Chicago, dove aveva lavorato per lungo tempo nella macellazione mentre ogni giorno pesava centinaia di maiali”. Così ho messo in fila il Tekel del Libro di Daniele, l’occhio clinico di Piero scaricatore di sacchi, e quello di Edison pesatore di maiali.

 

Poi mi sono ricordato che a Edison (ma inesattamente, furono dei suoi collaboratori) viene attribuita anche l’invenzione della sedia elettrica. Edison era contrario alla pena capitale ma ricorse ampiamente alla sedia elettrica nei confronti di cani e gatti randagi e, clamorosamente, dell’elefantessa indiana Topsy, allo scopo promozionale di dimostrare la superiorità della corrente continua. Topsy si era esibita al circo in monopattino, eseguiva capriole, si sollevava sulle zampe posteriori, e ballava con un gonnellino. Nel 1902 aveva 27 anni, e si ribellò a un paio di maltrattamenti, incidentali o intenzionali, degli addetti, che furono ingigantiti in una vera campagna allarmista. I proprietari del Parco cui era stata venduta decisero di sopprimerla, combinando tre metodi: l’avvelenamento, il soffocamento con dei cavi di ferro, e l’“elettrocuzione”, auspicata quest’ultima appunto da Edison. Il 4 gennaio 1903 l’esecuzione fu consumata a Coney Island al cospetto di 1.500 spettatori paganti. La scossa di 6.600 volt inviata attraverso i cavi durante il pasto di carote e cianuro uccise Topsy in 10 secondi. Pesava fra le 4 e le 6 tonnellate. Edison girò la scena (era stato un pioniere anche in questo campo): “Electrocuting an Elephant”. Lo si può vedere (o no: è orribile) in rete.

 

Quest’appendice mi ha fatto pensare, in conclusione, che non dev’esserci stato occhio raffinato a pesare sacchi e umani e altri animali quanto quello del boia delle crocifissioni e delle impiccagioni di tutti i tempi. Del resto, non di rado sbagliavano, e dovevano ricominciare. Quello di Cesare Battisti sbagliò intenzionalmente, sembra: per i fotografi.