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Il voto equivocato del Parlamento iracheno

Adriano Sofri

Tutto quello che non torna nella votazione per chiedere al governo di disdire gli accordi sulla presenza di truppe americane e straniere in genere nel territorio

Qualcuno ha equivocato il voto del Parlamento iracheno che chiedeva al governo di disdire gli accordi sulla presenza di truppe americane e straniere in genere in territorio iracheno. Al voto non hanno partecipato tutti i parlamentari curdi (tranne uno, su 59 seggi, il vicepresidente del Parlamento) e la maggioranza dei sunniti (15 presenti su 70 seggi). Il presidente sunnita del Parlamento, Mohammed al-Halbousi, ha chiesto di sospendere la diretta durante la sua dichiarazione, contraria alla richiesta. Alcuni osservatori hanno trovato una discrepanza fra la proclamazione del numero legale raggiunto e il loro conteggio dei presenti effettivi attraverso la televisione. I missili lanciati dai pasdaran iraniani, da Kermanshah, alla volta della provincia di Anbar e della capitale curda Erbil (qui l’unico esploso è caduto a Bardarash, nella periferia vicina all’aeroporto) avevano di mira, con gli americani, sunniti e curdi. Questi ultimi si sono pronunciati più decisamente per la necessità della permanenza della coalizione, per continuare nella lotta contro il terrorismo: il primo ministro Nechirvan Barzani ha accusato la maggioranza sciita del Parlamento di avere ignorato i curdi e le altre componenti. In Iraq fra i protagonisti delle manifestazioni dei mesi scorsi, convinti che il rialzo delle azioni guidate da Suleimani avesse di mira l’opposizione popolare sciita contro la soggezione all’Iran, si propone una manifestazione per il prossimo venerdì con la parola d’ordine: “Fuori dal Parlamento che non ci rappresenta”, che, nel clima corrente, renderebbe clamorosa la divisione nel mondo sciita.

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