La copertina di “Un’idea di infanzia”, di Nadia Terranova (ItaloSvevo Edizioni)

Un'idea di infanzia

Simonetta Sciandivasci

Ecco l’atlante di chi siamo, grazie a Nadia Terranova e a chi non dimentica i fratelli Grimm

So che esistono persone che rileggono i classici. Le invidio moltissimo. Rileggono Omero, rileggono Ariosto, rileggono La Divina Commedia, e persino Guerra e Pace. Beati, a loro sì che basta una vita. Io rileggo soltanto i libri della mia infanzia, e uno, il più importante, “Ascolta il mio cuore” di Bianca Pitzorno, ogni anno, a Natale. Piango e rido tutte le volte, nello stesso modo in cui piansi e risi la prima volta che lo lessi, a dieci anni o più, o meno.

 

L’altra sera una persona mi ha chiesto: ti piace Dante? E io, assorta in una mondiale polpetta al vino, ho tremato di terrore, e ho pensato: ecco qua, adesso dovremo fare quel discorso tedioso del riprendere i classici in età adulta, e poi avanzata, e poi terminale, notando come tutte le volte ci dicano qualcosa in più, di nuovo e diverso, e dovrò omettere l’impresentabile, indicibile cosa che faccio a Natale, cioè chiudermi in camera mia a rileggere “Ascolta il mio cuore”, mentre fuori i miei genitori sfiorano il divorzio perché uno sostiene che il sugo sia sciapo e l’altra gli ricorda che siamo una famiglia di ipertesi ancora vivi per miracolo. 

 

 

Ora, caro tu maschio che mentre io mangiavo sapide, cancerogene proteine, volevi portarmi a convenire su come la sola vita degna d’esser vissuta sia quella in cui s’è riletto “Orlando Furioso” 14 volte prima della pensione e 17 dopo, io non volevo sbadigliare, e men che meno ragionare, quindi ti ho lasciato fare, essendo io impegnata con le polpette. E ti ho risposto che Dante mi piace (a chi non?), così che tu hai potuto dirmi quante volte hai riletto la DC dopo il liceo – già tre, hai esclamato, e io chissà come sono riuscita a non domandarti se tutto questo rileggere ti lascia anche spazio per un minimo d’attività sessuale. La prossima volta che ti vedo, ti porto questo libriccino di Nadia Terranova, “Un’idea di infanzia” (ItaloSvevo Edizioni), che spiega assai meglio di come farei io, con o senza un piatto di distraenti polpette assolute davanti, assai meglio di come farebbe qualsiasi scrittore o scrittrice di questo paese, che prima di Ariosto viene Pitzorno, prima di Dante viene Calvino, prima di Tolstoj viene Andersen. Prima non in senso cronologico, naturalmente, ma in quest’altro: “La letteratura per ragazzi è come il primo amore, dà alla maggior parte dei lettori e degli scrittori l’impronta originale del sentimento, indica la strada, ma poi diventa invisibile. Se chiedi a uno scrittore quali siano i libri della vita, quasi sempre dimenticherà di citare “L’Isola del tesoro” o “Piccole Donne”, vantandosi di letture più recenti. In realtà, è grazie a quei capisaldi che è nato, per molti di noi, l’amore per la letteratura”. Così scrive Terranova e spero che tu sia d’accordo, così la prossima volta mi parlerai di quando hai letto “Peter Pan”, e spero concorderemo sul fatto che senza quel libro io, tu, noi, voi, gli altri, non avremmo mai potuto affrontare un orologio, né capire Jack Kerouac, né perdonare quella fabbrica di errori che sono i genitori.

 

I classici sono i libri che leggiamo da piccoli, specie quelli scritti da autori che pensano non che esista la letteratura per ragazzi bensì, come dice Terranova, soltanto “la letteratura con dei bambini e dei ragazzi dentro”. Accade di rado che lo riconosciamo, e che quindi sentiamo il bisogno di rileggerli, ed è un peccato perché è quello l’unico modo di scoprire che tipo di adulti siamo diventati, se soltanto adulti o anche persone, se abbiamo tradito il bambino per l’uomo, se siamo cresciuti “maturando verso l’infanzia”, come diceva Bruno Schulz, oppure marcendo verso la vecchiaia. Dante ci dice cosa abbiamo capito, e I Grimm ci dicono cosa siamo diventati. Dante a ogni rilettura ci svela una cosa diversa perché impariamo a capire a mano a mano, di anno in anno, mentre i Grimm ci dicono sempre lo stesso fatto: quanto siamo distanti dal nostro autentico io, quanto abbiamo preservato della nostra infanzia, quel tempo coi bambini e i ragazzi dentro. “Serve molta forza per sopravvivere all’infanzia”, e sopportare genitori, ministri della famiglia, maestri, gli adulti, tutti gli adulti, che non sono mai stati più insopportabili di ora, con il loro metter mano e bocca pure su fiabe, favole, storie, censurando la crudeltà, imbonendo i mostri, decolorando il sangue. Dicono che i ragazzi diventano adulti troppo in fretta per colpa di internet, della tv, della solitudine. Balle: s’affrettano per non doverci stare a sentire, per non doverci subire.

 

Ps. Per chi è a corto di idee o di ricordi, questo di Terranova è anche un perfetto atlante dei migliori autori di storie con ragazzi dentro. Usatelo come un volantino delle offerte, comprate tutti i titoli segnati. Se non dovesse soddisfarvi, vi rimborso io. Con un piatto di polpette.