Extra provocante

Finalmente abbiamo una serie comica italiana tutta da guardare: “Extravergine”, di Roberta Torre

Mariarosa Mancuso

Correva l’anno 2011. Alla Festa di Roma (allora Festival, per chi tiene alla nomenclatura) arrivò “Hysteria” di Tanya Wexler, una romantica commedia sull’invenzione del vibratore. In sintesi: i dottori vittoriani erano stanchi di curare manualmente le pazienti isteriche che arrivavano in sala d’attesa irritabili e malinconiche, e dopo il trattamento ripartivano con la faccia da “voglio anch’io quel che ha ordinato la signora”. Fu così che Joseph Mortimer Granville inventò il suo prototipo vibrante, battezzandolo “Martello di Granville”. Per l’occasione, all’anteprima del film, le signore ebbero in dono un vibratore di plastica rosa grande come un rossetto, con testine intercambiabili.

 

“Extravergine” – da stasera su Fox e Fox Life, in prima serata – sfodera i suoi. Parliamo sempre di giocattoli che vibrano. Paperelle bondage, diavoletti, delfini, e su tutto un candelotto che sbuca da due piani di torta rosa confetto, con bordure color panna. Escono già carichi da uno scatolone, nella redazione di “Audrey”: testata molto cool dove ogni mattina Dafne arriva dopo aver legato con multiple catene la bicicletta. Siamo a Milano, tra i nuovi grattacieli dove “friggere è vietato dal regolamento condominiale” (copyright Fausto Brizzi in “Poveri ma ricchi”, una delle poche battute che nel film faceva ridere) e le case di ringhiera: luoghi e problemi che ai romani sfuggono. La ragazza recensisce libri, quindi si trova al punto più basso della catena alimentare: 646 follower, l’anticamera del licenziamento.

 

Le paperelle e le torte vibranti arrivano dopo che Dafne mascherata da Marge Simpson ha fatto acrobazie erotiche in bagno, e il video è diventato virale, con l’hashtag #hotmarge. Non era lei, ma che importa quando invece di licenziarti ti offrono un sostanzioso aumento di stipendio e una nuova rubrica sul sesso? Anzi, scusate, l’incarico da Sex Columnist, che suona meglio e allontana il sospetto che si tratti di consigli destinati alle casalinghe di provincia. C’è un solo problema: la trentenne Dafne è vergine, a dispetto di una madre che per il difettuccio non si dà pace. I vibratori li fa provare a un’amica, che consiglia sopra ogni cosa il delfino (voto 15 su 10, molto ben messo tra il sommozzatore con tanto di pinne che si dava da fare in un film di Pedro Almodovar, e al coniglietto di “Sex and the City”).

 

Diciamo commedia, e pensiamo alle battute. Ma la regista di “Extravergine” si chiama Roberta Torre, visionaria e fantasiosa nel mafia-musical “Tano da morire” e nel più recente “Riccardo va all’inferno” (uno Shakespeare tra malavita e ospedali psichiatrici, sempre in musica e con Massimo Ranieri). E finalmente abbiamo una serie comica italiana tutta da guardare, attenta ai dettagli, alle luci, ai colori, alla recitazione tra il tenero e il grottesco, alla colonna sonora, perfino agli stacchi tra una scena e l’altra, rosa che più rosa non si può, con bicchieri di latte o ghiaccioli-sirenetta. La vergine Lodovica Comello è bravissima come il resto del cast, e possiamo rifarci gli occhi rovinati da sciatteria e immagini miserelle (pensate a “Romolo+Giuly”, per fare un esempio che rimanda agli sketch anni 80).

 

“Cinderella nel regno del sesso” era il titolo di un vecchio film (“scritto da Charles Perrault”, osavano i titoli di testa, spudorati a loro modo). Tanto vecchio che il porno lo si andava ancora a vedere al cinema. In “Extravergine” abbiamo un’Alice nel paese del sesso (che sarà mai quella tana, giù a rincorrere il Bianconiglio, avete mai fatto mente locale?). O forse un’Amélie nello stesso fantastico mondo – da una capace di indugiare sulla crosticina frantumata della crème brûlée possiamo aspettarci altre cose stuzzicanti.

 

Attorno a Dafne, la coinquilina in cerca del fidanzato perfetto, disposta a investire parecchio nell’impresa. Scarponi e sci per il montanaro, per esempio, che poi la tradisce lasciandole la pesante attrezzatura (“Come osa tradire me, che so truccarmi nel sonno, mi doveva avvertire prima, così mi organizzavo”). Lavora nel settore etico-sociale-umanitario, perché “l’Africa ha bisogno di una nuova narrazione”. C’è una madre impicciona, che compare sullo sfondo come ologramma, tra bolle di sapone e altro rosa, stavolta psichedelico e tendente al fucsia. Ci sono i redattori della rivista, che paiono personaggi da fumetto ma ahimè non lo sono troppo – e non ci stupiremmo se davvero qualcuno mettesse in lista la #quinoia, un mix di soia e quinoa. Il direttore sbircia dal suo stanzino, dietro le tapparelle da vecchio film americano, quando i giornalisti avevano il cappello e non riuscivano mai a centrare l’attaccapanni. Sullo schermo piovono hashtag.

 

Entra l’uomo dei sogni, professione fotografo, che accompagna Dafne al gruppo di supporto per maniaci sessuali, dove trovare materiale per il primo articolo. Poi lui le chiede a bruciapelo: “Qual è il tuo libro preferito?”, e lei sta per arrossire davvero, mentre era rimasta fredda e impavida davanti alle confessioni a luci rosse.