(foto LaPresse)

Ben prima del farmaco troveremo il pharmakos, il capro espiatorio

Guido Vitiello

Il bisbiglio retroscenistico di questi giorni non fa che parlare del primo ministro come della prossima vittima sacrificale. Lui spera di essere risparmiato, ma non lo sarà

Ben prima del farmaco troveremo il pharmakos, il capro espiatorio umano. E’ semplice: c’è una città, c’è una pestilenza, c’è un sovrano che sarà coperto d’infamia e cacciato dal palazzo regale. Non serve Tiresia per indovinare il destino di Giuseppe Conte, basta gettare un occhio distratto alle cronache, o al limite rileggere un titolo vaticinante del Times di Londra del maggio 2018, quando il nostro era ancora un misterioso fagotto politico raccolto da un pastore a Volturara Appula e depositato a Palazzo Chigi. Diceva così: “Leader or Scapegoat: Giuseppe Conte to be Italian PM” – dove “or” dev’essere inteso in senso dichiarativo, non disgiuntivo: il capo, ossia il capro. E’ solo questione di tempo, e il tempo ha preso a correre rapinosamente: il bisbiglio retroscenistico di questi giorni non fa che parlare del primo ministro come della prossima vittima sacrificale. Il guaio è che Conte, fatto con lo stampino dell’archetipo tragico, s’illude di sottrarsi alla taglia che l’oracolo ha messo sulla sua testa. Vedetelo, in scena, con il misto di terrore e pietà che si conviene a questo genere di spettacoli: il suo linguaggio dilatorio, la sua mimica evasiva, i suoi scoppi d’ira incongrui, il suo scrutarsi intorno come in cerca di un cireneo a cui passare la croce, tutto in lui indica l’animale braccato. Spera, così facendo, di essere risparmiato: non lo sarà. Nessuno lo sarà, perché mai come oggi, nei cieli di tutto il mondo, si torna a osservare l’ancestrale congiunzione tra il capo e il capro. Se il nostro Edipo ne prenderà coscienza, sarà altrettanto spacciato – ma più libero.

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