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Il cursus honorum di Remigio, il matto di piazza Barberini

Guido Vitiello

Tra tweet e cazzate, come i notabili perdono credibilità sui social network

C’è chi diceva fosse un avvocato, chi un ingegnere, chi addirittura un ex direttore di banca. Tutte le voci apocrife che correvano su Remigio, il matto di piazza Barberini, lo collocavano infallibilmente nel mondo delle professioni. Qualcuno giurava perfino di averlo avvistato in via Veneto, con un completo grigio inappuntabile e una ventiquattrore in mano. Ebbene, se mi ritrovo a parlarne a quasi dieci anni dalla morte, è perché i tempi sono maturi per istruire un processo di beatificazione: voglio fare di san Remigio il patrono di tutti i professionisti e i notabili che quotidianamente si sputtanano sui social network o in tv. Politici, magistrati, opinionisti, luminari dell’accademia, economisti. Magari hanno impiegato decenni a mettere insieme il gruzzoletto di una reputazione decorosa, ma poi te li ritrovi tutto il giorno lì, come le vecchiette alle slot machine di Las Vegas, a sperperarselo monetina dopo monetina, tweet dopo tweet, sparando cazzate in preda alla trance agonistica, alla vena istrionica, a volte anche solo a un carattere puerile. E come per Remigio, ti imbatti sempre nell’amico pronto a garantirti che no, lui il tale lo ha conosciuto di persona ed è un professore austero, un politico serio, un economista prestigioso, e che in privato è anche un galantuomo di rara compostezza e cortesia. Poi però si maschera da matto e a questa maschera affida per intero la sua immagine pubblica. Il cursus honorum di Arbasino-Berselli andrebbe arricchito di una tappa: bella promessa, solito stronzo, venerato maestro, infine matto di piazza Barberini.

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