
Due membri armati della Guardia rivoluzionaria iraniana ispezionano la piattaforma britannica Stena Impero, sequestrata a luglio 2019 nello stretto di Hormuz (foto LaPresse)
Il petrolio non è più un'arma
Il gas, le nuove trivellazioni, l’autosufficienza energetica dell’America. La fine dei monopoli dell’oro nero. Nel mercato degli idrocarburi tutto è cambiato. Ecco perché una guerra non conviene nemmeno all’Iran
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Lo “schiaffo in faccia”– come lo ha definito la “guida suprema” ayatollah Khamenei – è stato poco più di un buffetto, deludendo chi si aspettava una escalation dopo l’attacco americano che ha ucciso il generale Qasem Soleimani, capo delle Guardie rivoluzionarie, uno dei tre grandi burattinai del regime khomeinista. Teheran non ha i mezzi finanziari e militari per scatenare una guerra aperta con gli Stati Uniti, ed è venuta a mancare anche un’arma che in altre fasi storiche si è dimostrata efficace, anzi addirittura micidiale: il petrolio. La partita non è finita, naturalmente, e Moody’s conferma le sue preoccupazioni: “Un conflitto duraturo rischia di provocare ampi choc economici e finanziari a livello globale”, scrive l’agenzia di rating, non solo mettendo in forse i rifornimenti energetici e facendone schizzare i costi all’insù, ma anche colpendo di riflesso altri settori, come quelli del turismo e del trasporto aereo. Senza contare la finanza: “Un aumento dell’avversione al rischio – osserva Moody’s – sarebbe negativo per gli emittenti di titoli”, perché diventerebbero più difficili i collocamenti azionari, e quelli di bond si farebbero più costosi; e se nel mondo le imprese hanno più difficoltà a finanziarsi, la crescita rallenta.
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