
Ali Khamenei e Qassem Soleimani (foto LaPresse)
Accusare l'America e dimenticare il pericolo Iran. L'errore delle anime belle
Il regime islamista di Teheran è incompatibile con i valori non negoziabili delle società libere, a prescindere da ciò che fanno i suoi avversari. Per la prima volta, da molto tempo a questa parte, le sue aggressioni non sono rimaste senza conseguenze
-
Le sardine irachene scendono in piazza a rischio della loro vita
-
La nomenklatura di Allah
-
Lezioni da una splendida piazza irachena
-
E se fosse l'Italia il rischio globale più serio del 2020?
-
Il petrolio non è più un'arma
-
Le quattro scuole della politica estera americana
-
“Ora gli iraniani conoscono la linea rossa da non oltrepassare”. Parla Bremmer
-
Trump ora piace alla gente di Davos e infierisce sull'Europa che va male
-
Siamo proprio sicuri che gli iracheni vogliano cacciare gli americani?
-
Scudi umani in Iran
-
Merkel vs Hezbollah
La chirurgica operazione con cui dieci giorni fa gli Stati Uniti hanno eliminato uno degli uomini più pericolosi del medio oriente, il macellaio Qassem Suleimani, il generale a capo delle Guardie della rivoluzione di Teheran che per molti anni ha armato le attività di rappresaglia e di terrorismo portate avanti dall’Iran (è stato lui l’uomo che nell’estate del 2015 è volato a Mosca per coordinare la controffensiva che ha salvato il regime di Assad condannando i siriani a una guerra civile ed è stato lui il coordinatore della macelleria umana di Aleppo), ha avuto l’effetto di accendere i riflettori dell’opinione pubblica internazionale sullo stato attuale del regime iraniano. Di fronte al confronto tra gli Stati Uniti e l’Iran, gli osservatori viziati da un pregiudizio antiamericano hanno scelto ancora una volta di considerare l’attività di prevenzione dell’America come l’origine di ogni male del mondo e in questi giorni c’è persino chi ha esposto la brillante tesi che anche l’abbattimento dell’aereo ucraino nei cieli iraniani sia stato causato dall’America: se Trump non avesse ucciso Suleimani l’Iran si sarebbe comportato come sempre in modo appropriato. Gli osservatori non viziati da un pregiudizio antiamericano non hanno invece potuto fare a meno di riconoscere che ciò che questi giorni di tensione hanno avuto la forza di mostrare rispetto al regime iraniano non è altro che un film che qualunque analista con la testa sulle spalle dovrebbe iniziare a guardare senza più occhi foderati di affettati.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitaleLe inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioniOPPURE
-
- Claudio Cerasa Direttore
Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.