Pablo Casado, leader del Partito Popolare spagnolo (foto LaPresse)

Il leader del centrodestra spagnolo ha una nuova strategia: fare il moderato

Eugenio Cau

Pablo Casado si è rimangiato la svolta estrema, anche se l’alleanza a destra non è affatto esclusa

Milano. In Spagna, a pochi giorni dalle elezioni generali del 10 novembre, i partiti si preparano all’eventualità che l’aver chiamato al voto i cittadini per la quarta volta in quattro anni si rivelerà inutile: secondo tutti i sondaggi, il risultato più probabile è l’immobilismo – di nuovo. Né una coalizione di destra né una di sinistra potrebbe essere in grado di esprimere un governo, ma se il risultato finale del voto non cambia, dentro alla politica spagnola il sommovimento è grande. Scende Pedro Sánchez, socialista e primo ministro facente funzioni, che da trionfatore nel voto di aprile potrebbe diventare il grande perdente semplicemente per aver riottenuto più o meno lo stesso risultato sei mesi dopo. Sale Santiago Abascal di Vox, che potrebbe portare l’estrema destra xenofoba e antisistema a diventare la terza forza alle Cortes. Ma sale soprattutto Pablo Casado, il più giovane leader della storia del Partito popolare, che ad aprile aveva portato la formazione storica del centrodestra spagnolo al minimo assoluto e che alle elezioni di domenica potrebbe mettere in scena una perfetta resurrezione politica – del suo partito ma soprattutto della propria leadership.

 

Quando è diventato presidente del Partito popolare (Pp) nel luglio del 2018, Pablo Casado era il candidato della svolta a destra. Alle primarie aveva battuto Soraya Sáenz de Santamaría, che assieme all’ex premier Mariano Rajoy aveva trasformato il partito in una pura tecnocrazia, quasi perfettamente apolitica. Casado, invece, era visto come il pupillo di José Maria Aznar, leader focoso e decisamente polarizzato. Il nuovo Pp, diceva Casado, sarebbe stato “ideologico” e “senza complessi”, e con questa immagine derechista Casado si era lanciato nella campagna elettorale di inizio 2019 usando toni durissimi e parole grosse. Galera dura in Catalogna, critica aspra e machista contro il femminismo, generose aperture agli estremisti di Vox. Casado pensava di aver fiutato l’aria, credeva che gli spagnoli volessero un populista al potere e pensava di essere lui, quel populista.

 

Casado svuotò il Pp di tutti i rajoyisti moderati per rimpiazzarli con giovani ideologi di destra. Durante la campagna elettorale per il voto di aprile 2019, prese a parlare con voce tonante, a gesticolare, a usare improperi con abbondanza. A febbraio, durante un comizio, attaccò Sánchez con violenza peculiare: “Il presidente del governo è il traditore e il criminale più grande della storia democratica di Spagna. E’ un presidente illegittimo, un irresponsabile, un incapace, uno sleale, un bugiardo compulsivo, una catastrofe, un incompetente, un mediocre, un okupa”. Questi toni spaventarono l’elettorato. Il giornale El Periódico ha rivelato di recente che a metà aprile, a un paio di settimane dal voto, il Partito popolare ricevette uno studio in cui si mostrava che lo stile personale di Casado provocava rifiuto negli elettori. Il leader conservatore tentò qualche cambiamento dell’ultimo minuto, ma era troppo tardi. Le elezioni di aprile furono un disastro, il Pp perse la metà dei suoi seggi in Parlamento.

 

Casado fu dato per morto, tutti si concentrarono sul vincitore Sánchez, ma mentre il leader socialista faceva passare l’estate senza riuscire a formare un governo, Casado tornava dalla villeggiatura come un uomo nuovo: si era fatto crescere la barba ed era diventato (più) moderato. In pochi mesi, le offese con la bava alla bocca al rivale socialista sono diventate un flautato “Pedro Sánchez merita tutto il nostro rispetto”. Il partito “ideologico” è diventato “di centro e moderato”, gli amici di Vox si sono trasformati in “ultradestra”, parola pronunciata per la prima volta soltanto dopo la sconfitta. Casado ha perfino abbassato il tono della voce, e qualche giorno fa si è fatto vedere a pranzo con quel tiepido di Rajoy.

 

Il nuovo Casado ha cominciato a recuperare i voti di centro che tradizionalmente erano appartenuti al Pp, anche grazie al crollo del partito centrista Ciudadanos. Durante il dibattito televisivo di lunedì sera, è apparso equilibrato e istituzionale, e ha fatto ciò che ci si aspetta da un leader del Pp: ha attaccato il rivale socialista in maniera energica ma non volgare e ha marcato il terreno della destra facendo capire ad Albert Rivera di Ciudadanos che il padrone è lui. Non si è rivolto nemmeno una volta a Santiago Abascal di Vox, ma a fine dibattito ha invocato la formazione di un’alleanza di destra, in cui Vox potrebbe diventare l’alleato principale. Ma con i sondaggi che prevedono il fallimento delle maggioranze tanto di destra quanto di sinistra, chissà che la nuova moderazione di Casado non lo spinga a compiere il gesto di massima responsabilità di un leader che ha a cuore i destini del suo paese: accettare una grande coalizione con il Partito socialista quando le altre opzioni, come è quasi sicuro, saranno esaurite.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.