Le alternative di Sánchez e il laboratorio lib-lab del nuovo corso europeo

Paola Peduzzi

In Europa Macron fa il pifferaio magico dell’alleanza sinistra-centro. Chi lo segue? Il caso del premier spagnolo (e noi)

Milano. Tra epurazioni e corteggiamenti, le sinistre europee si ritrovano a dover scegliere da che parte stare, ancora una volta. Le elezioni europee hanno confermato che i partiti tradizionali non se la passano bene, ma questa sofferenza non è (sempre) andata a favore dei sovranisti: in Germania, l’Spd è stata superata dai Verdi, stessa cosa in Francia, dove i Verdi hanno preso più voti della sinistra e della sinistra “insoumise” messe insieme, in Inghilterra il Labour è stato superato dai Lib-dem. Ogni paese ha le proprie lezioni da trarre, ma a livello continentale la ricomposizione è urgente: c’è un’alleanza di governo europeo da formare. E allora: le sinistre devono assecondare il richiamo liberal-centrista o rigettarlo?

 

L’iniziativa europea più rilevante, quella di Emmanuel Macron, fa da pifferaio magico dell’opzione cosiddetta “lib-lab”, liberal-laburista: sistemiamoci tutti verso il centro, tracciamo una linea netta con gli estremisti, poi troveremo il modo di andare d’accordo. Macron esercita questa pressione in ogni paese con l’obiettivo di esportare il suo prodotto di punta, cioè En Marche con la sua forza d’attrazione. Molti politologi francesi sostengono che in realtà questo effetto calamita ha funzionato più a destra che a sinistra – rispetto al 2017, dicono i dati Ipsos, il 30 per cento del suo elettorato è andato alle elezioni europee a sinistra, dividendosi tra ecologisti e socialisti – e ognuno si dà spiegazioni diverse riassumibili in: Macron è più di destra che di sinistra; la destra è più sotto assedio degli estremisti rispetto alla sinistra; la sinistra è estremamente riluttante rispetto all’offerta liberale. C’è talmente tanta preoccupazione nel mondo che gravita attorno al macronismo che alcuni esponenti dell’ala di sinistra della République en marche stanno pensando di creare un gruppo – “o un club o un movimento”, scrive l’Opinion – che stia di fianco al partito presidenziale e ne copra il lato à gauche (il fatto che stiamo già parlando di correnti dentro a un partito nato tre anni fa non è per nulla rassicurante). L’offerta fatta da esponenti del macronismo per lavorare insieme ai Verdi va in questa direzione: la nuova onda verde, secondo il piano di Macron, non deve essere alternativa o contrapposta a lui, ma complementare. In quest’ottica si spiega anche il grande corteggiamento che Macron ha fatto e fa a Pedro Sánchez, premier spagnolo che ha vinto le elezioni parlamentari di aprile e quelle europee di domenica (anche alle municipali è andato bene).

 

La Spagna è un argomento doloroso per noi italiani: nelle dinamiche europee, Madrid ha sostituito Roma come partner privilegiato non soltanto del motore franco-tedesco, ma anche per quel che riguarda il dialogo con i paesi del nord. L’agenda vuota del premier italiano, Giuseppe Conte, al vertice informale a Bruxelles di questa settimana è soltanto l’ultimo esempio di questo processo di sostituzione, che si è consolidato nell’ultimo anno assieme ai toni iracondi del governo gialloverde nei confronti della Francia e della Germania. La Spagna è centrale nella formazione del nuovo governo europeo e l’Italia è invece marginale.

 

Dolore a parte, la Spagna è anche il paese su cui si stanno concentrando le attenzioni della sinistra europea, non soltanto perché la delegazione spagnola è la più grande nella famiglia socialista del Parlamento europeo. Sánchez deve decidere la formazione del suo governo, e ha tre alternative: governare in minoranza, allearsi con Podemos, allearsi con Ciudadanos. La decisione per il premier spagnolo non è facile: Podemos è in crisi e in mezzo a un processo interno alla propria leadership; Ciudadanos è entrato nel governo dell’Andalusia assieme ai popolari e all’estrema destra di Vox, e ha fatto tutta la campagna elettorale contro il Psoe di Sánchez, ricambiato. I politologi-bookmakers finora davano l’alleanza con Ciudadanos molto improbabile, ma ora il premier spagnolo appare freddo con Podemos e possibilista con il leader di Ciudadanos, Alberto Rivera. I tanti fan di Sánchez sono già in subbuglio: nei loro cuori lui è il baluardo della resistenza al richiamo macroniano, e Ciudadanos rappresenta un pericoloso avvicinamento a un centro che sa di destra. Sánchez sta facendo i suoi calcoli: non è insensibile al corteggiamento europeo ma è molto più attento ai calcoli interni. E forse gli pesa dover essere un simbolo, lui che è tutto pratica e pragmatismo: se scegliesse Ciudadanos potrebbe costruire il primo laboratorio lib-lab del nuovo corso europeo, la convergenza che va cercando Macron, un modello magari involontario per le sinistre tanto indecise.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi