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Perché l'ennesimo voto in Spagna potrebbe far tornare di moda il bipolarismo

Eugenio Cau

La ragione per cui il paese è diventato ingovernabile negli ultimi anni è la frammentazione politica. E le nuove elezioni potrebbero portare a un ritorno alla semplificazione politica

Milano. Pedro Sánchez, leader socialista spagnolo, ha una lunga storia di scommesse politiche ad alto rischio. Ha riconquistato praticamente con le unghie la leadership del Partito socialista (Psoe) dopo che gli era stata tolta con un colpo di mano interno, ha disarcionato il premier conservatore Mariano Rajoy per prenderne il posto con una maggioranza parlamentare traballante e martedì ha spinto la Spagna alle elezioni generali per la quarta volta in quattro anni. Non l’ha fatto da solo, negli ultimi mesi in Spagna c’è stato un concorso di litigiosità politiche e rivalità personali, ma certo la posizione di Sánchez è quella che ha stupito più di tutte: aveva la presidenza del governo a portata di mano, tutto quello che avrebbe dovuto fare era concedere qualche ministero qui e qualche sottosegretariato là per attrarre alleati di governo; invece ha deciso di rischiare e di andare a elezioni, ché un governo in condominio con quei litigiosi di Podemos è meglio evitarlo.

 

Non è detto che gli spagnoli premieranno il coraggio di Sánchez alle elezioni del 10 novembre. I sondaggi attualmente danno il suo Psoe attorno al 32 per cento dei consensi, che sarebbe un bel miglioramento rispetto al 28 per cento ottenuto ad aprile, ma non una rivoluzione. Bisogna contare anche l’astensione: molti elettori di sinistra erano andati alle urne in primavera per evitare l’avanzata dell’ultradestra rappresentata da Vox, ma adesso il pericolo sembra scemato, e la mobilitazione sarà più difficile.

 

Eppure se la scommessa di Sánchez dovesse funzionare il panorama politico spagnolo potrebbe cambiare in maniera radicale e dare vita a un fenomeno contrario ai trend europei: il ritorno del bipolarismo o, come più correttamente dicono i giornali spagnoli, del bipartitismo. E’ un’idea che circola ormai da qualche tempo: la ragione per cui la Spagna è diventata ingovernabile negli ultimi anni è la frammentazione politica, che ha fatto passare il paese da un bipartitismo a un quadripartitismo di fatto. All’inizio dell’anno la frammentazione era tale che i sondaggi davano i quattro partiti principali (Psoe, Partito popolare, Ciudadanos e Podemos) tutti ammucchiati con il 20 per cento dei consensi ciascuno. Da allora i sondaggi sono cambiati ma la situazione rimane la stessa: per fare il governo in queste condizioni serve che tre dei quattro partiti si mettano d’accordo, ma la litigiosità è troppa perché questo avvenga.

 

Le nuove elezioni, per eterogenesi dei fini, potrebbero portare a un ritorno alla semplificazione politica. Il piano di Sánchez, infatti, è quello di rubare più consensi possibile ai due partiti che sono emersi negli ultimi anni come novità politica, i centristi di Ciudadanos e i populisti di sinistra di Unidas Podemos. Podemos è un partito in crisi ormai da tempo, e il Psoe è uno sbocco naturale per gli elettori delusi dalla formazione di Pablo Iglesias. Ciudadanos invece è un partito senza una base elettorale solida. Di elezione in elezione pesca voti da destra e da sinistra, ma i suoi elettori sono poco fedeli: secondo un sondaggio recente dell’istituto Cis, oltre il 70 per cento degli elettori di Psoe, Pp e Podemos ha detto che è pronto a rivotare per lo stesso partito, ma soltanto il 45 per cento degli elettori di Ciudadanos ha dichiarato la propria fedeltà ad Albert Rivera: significa che la metà dell’elettorato di Ciudadanos è sul mercato.

 

Per questo, dicono i commentatori, martedì Rivera ha tentato all’ultimo di salvare la legislatura, proponendo un accordo in extremis a Sánchez: sa che il suo partito rischierebbe più di ogni altro di perdere consensi. Dall’altro lato dello spettro politico, gli analisti dicono che il Partito popolare guidato da Pablo Casado potrebbe ugualmente approfittare delle elezioni di novembre. Ad aprile il Pp è arrivato al minimo storico del 16 per cento dei consensi e da lì può soltanto risalire – e il modo migliore per farlo è cannibalizzare i voti di Ciudadanos. Secondo i sondaggi, le due forze maggiormente in crescita in Spagna sono proprio Psoe e Pp, i due vecchi partiti dinosauro che tutti davano per rottamati.

 

Se un’altra delle scommesse ad alto rischio di Sánchez porterà ai risultati sperati dal leader socialista, la più grave crisi istituzionale della storia democratica spagnola potrebbe portare a un risultato insperato: semplificare il panorama politico.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.